Biennale / Se il teatro musicale racconta i nuovi suoni
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L’ultima idea che circola dalle parti della Biennale di Venezia non è niente male, anzi: “Operette brevi per i ragazzi da eseguire nel prossimo Carnevale o durante il festival di musica contemporanea” (in autunno). La proposta arriva dal presidente della kermesse che si svolge nella Serenessima, Paolo Baratta.
Dell’incarico è stato investito il direttore del settore musica, Ivan Fedele, che si è messo subito, è il caso di dirlo, all’opera predisponendo un progetto per il Biennale Collage: presto dunque arriveranno proposte concrete da team formati da un compositore, un librettista e uno scenografo. Le operette in questione dovrebbero durare un decina di minuti.
Il piano di Baratta rilancia una discussione circa l’opportunità, a seconda dei punti di vista, ri-pescare generi o ampliare il ventaglio delle offerte o (re)inventare modi con il fine di dare possibilità ai giovani, innanzitutto, di incontrare la contemporaneità nella musica.
Non posso che essere d’accordo con l’asse Baratta-Fedele, già lo scorso settembre artefice di un’edizione della Biennale Musica assai interessante e ricca di proposte e di progettualità. “Somministrare” certa nuova produzione attraverso il format del teatro musicale breve può dare esiti sotto il segno positivo. Immaginiamo uno spettacolo dove certe difficoltà di ascolto vengono accompagnate magari dalla parola, dalla voce, dalle immagini, dalla scenografia e dell’azione scenenica, perché no dalla danza e così via…
La contemporanea dovrebbe essere presentata così quando il contenuto musicale – per un bubblico non specialistico – supera le possibilità di ascolto, per le più svariate ragioni, non ultime: la complessità dell’opera eseguita, la durata e la preperazione dell’ascoltatore, che spesso ha più familiarità con generi storicizzati. Senza contare, che oltre a superare certe barriere, lo spettacolo così è un’avventura più ampia.
In allegato: “Il sole di chi è?” di Silvia Colasanti