Pillole amare / L’insostenibile leggerezza di certe “rivoluzioni”
[youtube QYNi14p5Nu0 nolink]
“È notizia di questi giorni che a partire al 1 novembre prossimo molti dei nostri migliori musicisti non potranno più insegnare nei Conservatori di Musica. Tra le tante vittime illustri, anche grandi nomi del jazz, come Emanuele Cisi, Maria Pia De Vito, Roberto Gatto, Dado Moroni, Danilo Rea e alcuni dei nostri migliori musicisti classici, tra cui Giuseppe Andaloro, Maurizio Baglini, Gemma Bertagnolli, Roberto Cominati, Filippo Gamba, Eva Mei. Centinaia di studenti che avevano scelto di iscriversi in un Conservatorio per seguire i corsi di quei determinati docenti saranno ora costretti a cambiare insegnante, o a lasciare il Conservatorio e studiare altrove” (da Immagina)
Non mi sorprende piu’ di tanto… forse si devono sistemare anche ma non solo – sanare – una marea di situazioni occupazionali incancrenite da anni e per far questo qualcuno ha pensato di usare la livella che, in certi casi, ovviamente se verrà azionata andrà a colpire di riflesso gli studenti – sebbene di insegnanti buoni ce ne siano molti comunque in un panorama dove però c’è, logicamente di tutto (dunque sempre occhio alla scelta). I big della musica, perdita per il Conservatorio, tra un concerto l’altro andranno nel privato (se già come probabile, non ci lavorano), dove va chi ha i soldi, ma non basta: il talento è un’altra cosa. Certo non situazioni da Paese illuminato, almeno nella musica (pur avendo talenti mostruosi e una traduzione pazzesca), del resto nel “paese vecchio” le risorse scarseggiano, ma nelle nazioni d’Europa – dalla Germania/Austria in sù – a cui ci fregiamo con onore di appartenere, la musica in tavola è la prima portata e i fondi e i modi di tenerla viva e incentivarla, chissà perchè, si trovano sempre. Qui si licenziano orchestre, si mandano a casa i fuoriclasse, si snobbano i big della direzione d’orchestra. Dinamiche da Paese sadomaso che da una parte si rallegra per i suoi figli geniali e dall’altra, i medesimi, li bastona fino a farli scappare all’estero. Meno male che c’è “O’ sole mio”.