MiTo 2016 / La solitudine di Schubert & Co., un recital di Luciani e Motterle per i “Senza eredi”
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Franz Schubert nella sua solitudine popolata di serate in birreria in certi momenti si sentiva il “più infelice e miserabile degli uomini”. Per pesare lo stato d’animo di Maurice Ravel si può prendere “Il Tombeau” dominato dall’idea molto barocca del “labirinto di memorie nel quale si vorrebbe entrare e non più uscire”. Poi Johannes Brahms, che col suo isolamento aveva un antico sodalizio: “Da molto tempo o forse da sempre – si sfogava – ero e sono uno che se ne sta in disparte”.
Ma c’è un’altra solitudine, quella di rimanere “Senza Eredi”. Questi grandi, infatti, sono rimasti soli “tutti tre, per non aver avuto epigoni, per non aver avuto una discendenza che li facesse ricordare e rivivere (…)”. Di questo aspetto, nell’ambito di MITO Settembre Musica, ne parlerà in note il duo violino-pianoforte Fulvio Luciani e Massimiliano Motterle lunedì 5 al Teatro di Vetro (via Ludovico di Breme 79, Milano, ore 21), con un programma degno di nota: di Schubert la “Sonata in la maggiore op.162 (1817), di Ravel “Sonata n.2 (1927) e di Brahms “Sonata in re minore op.108 (1886-8).
Il primo lavoro, giovanile, fu pubblicato post-mortem nel 1851: c’è da chiedersi se l’autore, al di là degli aspetti “mondani” della partitura, abbia cercato di esprimere la sua solitudine. Interessante l’osservazione del musicologo Simone Ciolfi: “Al termine della ripresa (dell’Allegro vivace, ndr) si presti attenzione alla disposizione dei suoni: come due persone che facciano le stesse cose a notevole distanza (…)”. L’incomunicabilità? Della sonata raveliana si può dire che la gestazione fu lunga e travagliata, portata avanti anche in momenti di depressione; in quest’opera vengono messi in evidenza “le incompatibilità dei due strumenti”. La distanza?
Infine chissà, forse l’erede di Schubert, ma solo da un certo punto di vista, è stato il suo collega postumo Brahms, che diede un contributo massiccio, dalla morte del grande viennese della “Winterreise”, al genere cameristico che dopo gli anni d’oro si era quasi eclissato.
In allegato: il duo Luciani-Motterle