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Quante grandi voci del pop e del rock e talenti spenti in questo anno che sta per finire. Annus horribilis, si dice. Star del calibro di David Bowie, Keith Emerson, Prince e, ultimo della lista, George Michael, ci hanno detto addio. In alcuni casi personaggi guardati con interesse anche dal mondo della musica “colta”. Personaggi che a volte hanno mescolato il lorolinguaggio con altri, e viceversa. Creando risultati interessanti. I loro esiti e quelli di altri artisti del suono sono sempre più materia prima pergli studiosi: la scienza, per esempio, spiega perché la musica ha un effetto su umore ed emozioni variabile da persona a persona. E ora è arrivata a un’altra conclusione: è una questione di Dna.
L’impronta delle note è nei geni dopaminergici, quelli che regolano la produzione di dopamina – l’ormone del piacere e della felicità – nel cervello. Un nuovo studio di imaging genetico ad altissima partecipazione tricolore fornisce la prima prova di un ‘fil rouge’ che collega questi geni alla musica, evidenziando che gli effetti della musica – e del rumore – sul comportamento affettivo e la fisiologia del cervello sono associati a una funzionalità della dopamina determinata geneticamente. La ricerca è stata diretta da Elvira Brattico della Aarhus University (Danimarca) e condotta in due ospedali italiani in collaborazione con l’università di Helsinki (Finlandia). I suoni, spiegano gli autori del lavoro, sono in grado di incidere sugli stati d’animo e sulle emozioni delle persone, probabilmente regolando proprio la dopamina cerebrale, neurotrasmettitore fortemente coinvolto nel comportamento emotivo e nella regolazione dell’umore.
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