Biennale Musica di Venezia 2 / “College” musica mette in scena anche gli sbarchi
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Che cosa fanno i giovani compositori? L’altra sera alcuni di loro accompagnati dai loro tutor: si è potuto avere un assaggio di quello che circola come musica, dei progetti che vengono proposti dalle nuove leve italiane e non. L’occasione è stata il terzultimo giorno della Biennale Musica di Venezia edizione Est – cioè quella di quest’anno – presso il Piccolo Arsenale della Serenissima: in programma Biennale Collage Musica. Pubblico di appassionati, intenditori, musicisti , tutor e i compositori giovani protagonisti, accompagnati dai “loro” librettisti-registi-voci e attori per tre atti uniti di una ventina di minuti l’una. In sala oltre al presidente della Biennale Paolo Baratta e il direttore artistico Ivan Fedele, tra gli altri anche diversi compositori come Alessandro Solbiati e Giovanni Verrando e direttori d’orchestra come Tito Ceccherini che tra poco sarà alle prese con Sciarrino alla Scala per Milano Musica, e il collega Giovanni Pompeo; in prima fila anche i maestri della critica musicale italiana Mario Messinis accompagnato dal collega Paolo Petazzi.
Tra i temi scelti per i tre “atti unici” che sino visti si è fatto notare il primo, “relativamente” nuovo e forte nei contenuti, la pièce “La stessa barca”, musica di Raffaele Sargenti, libretto Antonello Pocetti e Raffaele Sargenti, regia di Antonello Pocetti. Tema: la drammaticità degli sbarchi con il finale tragico delle morti per annegamento e la conta delle vittime, scandita dalle due attrici all’inizio e alla fine della piece. Certamente non favorito dalla brevità – come del resto gli altri successivi – lo spettacolo è finito per essere più che altro emblematico, per il risultato complessivo sostenuto da una buona regia e buone trovate sceniche che hanno supportato. La musica ben congeniata ed “educata”, forse in una versione più tragica e scolvolgente avrebbe pagato di più. La narrazione per questi eventi uno se la immagina quasi apocalittica, qualcuno che sta morendo, la conta finale dei corpi, chiari rimandi alla maniera glassiana di “Einstein on the beach”. Citazione che va a completare un lavoro d’arte con solo un piccolo scollamento tra l’approccio vocale tradizionale e il resto della parte musicale. E ancora.
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Secondo atto in programma, l'”Apnea”, anche in questo caso una prima assoluta, anche in questo caso team italiano di giovani, Leonardo Marino per la musica, Alice Lutrario per regia e libretto. Storia dal sapore saffico che il pubblico ha salutato convintamente mantenendo lo stesso entusiasmo iniziale: musica e vocalità comunque comunicative pur nel loro essere ricercate nella chiara ricerca nei meadri del suono. Parte musicale costruita e arricchita da giochi sonori evidenti, dove la “materia prima” udibile è stata messa al centro del discorso. Notevoli i risultati delle voci “incrociate” in sorta di rivisitazione rinascimentale, con commento strumentale sfaccettato. Lavoro complessivamente ben strutturato e funzionante in ogni sua parte, dal punto di vista del testo e della narrazione “disincantato” ha bisbigliato da più parti il pubblico. Ultima pagina.
Infine appunto la prova di un gruppo di lavoro tedesco che si è cimentato con “Orpheus Moments”, musica firmata da Ole Hubner, libretto di Tassilo Tesche e regia di Friederike Blum. Un lavoro che per certi versi riporta agli Anni Sessanta, è stata qua e là la sentenza. Vero fino a un certo punto perché all’interno di questi rimandi si sono ben sentite coniugazioni musicali con altri generi e tradizioni, una lettura comunque personale di una narrazione d’antan. La storia si base su un attore-autore che si fa male: la sua assenza in un primo momento tra il serio e il faceto rende impossibile lo show, i cantati attori danno vita a una sorta di commedia buffa con il sorriso amaro. Ben presto con l’arrivo della musica tra effettistica e rumorismo l’ilarità slitta nel mondo del “non sense” se non “follia”, tra sopranisti del ventunesimo secolo, ragazza pin up accesa come un albero di natale ed espedienti scenici poveri ma non per questo disprezzabili.
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Una serata dove i rimandi a stili del passato di sicuro non sono mancati così come lo sforzo e una ricerca personale del nuovo, sostanzialmente di provenienza avanguarde (l’impronta dei tutor si vede). Si può dire che il Messia è ancora in viaggio e un’altra rivoluzione di quelle che lasciano il segno sono possibili ogni tanto, di tanto in tanto. Questi ragazzi coi loro lavori hanno dimostrato e dimostrano preparazione, bravura e idee, portando avanti un filone che nonostate sia un’invenzione consolidata in realtà può dare ancora molto. Ottima la prestazione dell’Ex Novo Ensemble e Tempo Reale che ha eseguito tutte le parti musicali.