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I giornali non è che ne abbiamo parlato molto. Del centenario dalla nascita del compositore Bruno Maderna (1920-1973), personaggio che ha avuto un ruolo chiave nel Novecento della musica colta italiana. Un pioniere che ha attraversato, ha voluto attraversare i più diversi linguaggi, dal neoclassicismo alla serialità alla musica elettronica. Milano, la città a cui lui ha dato molto, lo ha celebrato attraverso i circuiti specialistici, vedi l’associazione Nomus fondata e portata avanti da Maddalena Novati; non molto di più per la verità. Maderna, è doveroso ricordarlo, insieme all’illustre collega Luciano Berio e al grande tecnico del suono Marino Zuccheri, fondò lo studio di musica elettronica della Rai, correva l’anno 1955. Una svolta. La prima composizione messa usata come colonna sonora della commedia radiofonica “Ritratto di città” nel 1954, un anno primo del via ufficiale del nuovo polo musicale meneghino (testo del programma di Roberto Leydi). Diciamo una delle prime pietre posate in questo campo.

I giornali di queste cose non ne parlano, o ne parlano molto poco. Eppure l’esistenza della musica elettronica (certamente assai cambiata rispetto a quel periodo) si deve a personaggi come lui. Certo il “suo centenario” cade in un periodo orribile, in cui il Covid-19, l’emergenza sanitaria con vittime e contagiati, la crisi economica da paura che si è innestata, sono assolutamente al centro di tutto, delle preoccupazioni e degli interessi. Ma quando la nostra attenzione messa a dura prova ce lo consente dobbiamo guardare alla cultura, non possiamo rinunciare alla musica, alle arti che anche ci aiutano in questo periodo durissimo, per tutti; guardare al nostro passato per progettare – visto che ce ne sarà bisogno – un nuovo futuro diverso, per noi e per i giovani, i giovanissimi. In questo senso Maderna è stata una delle figure più interessanti, un esploratore. Cercatore di nuovi linguaggi, modi, orizzonti. Per andare avanti, per non continuare a stare nel passato che “voleva” essere superato. Forse un giorno – probabilmente vicinissimo – dovremo fare anche noi così. Per rinascere.