Tempi moderni per la Cgil
[photopress:300px_Chaplin_Tempi_Moderni.jpg,thumb,pp_image]La Fiom, che ha votato contro il protocollo sul welfare, non è una componente qualsiasi della Cgil, che invece ha firmato insieme a Confindustria fru fru il medesimo protocollo. La Fiom ormai è la Cgil. Qualche numero ci aiuta a capire.
La Cgil dice di avere 5,5 milioni di iscritti: di questi tre milioni sono pensionati.
Le due federazioni che hanno più tesserati sono la Funzione pubblica con 400mila iscritti e appunto la Fiom con 360mila iscritti. Gli amici della Pubblica amministrazione che ci seguono mi vorranno scusare, ma il loro datore di lavoro sembra piuttosto generoso rispetto ai privati: anche se con ritardo ha assicurato loro rinnovi contrattuali superiori all’inflazione. E per di più destra e sinistra (o perbacco si potrà ancora dire?) pari sono a compiacere i propri dipendenti.
La Fiom invece lotta con i duri della Federmeccanica (Calearo per intendersi) e da quelle parti ogni incremento retributivo ha un peso nella competitività della nostra industria e dunque viene elargito con il contagocce.
In buona sostanza la Fiom è il cuore e l’anima della Cgil. E i suoi lavoratori restano forse tra i pochi che oggi in Italia ancora lavorano con ritmi e stipendi da fabbrica. Rispetto per questi signori. Meno rispetto per un sindacato che rubrica il loro No alla semplice dialettica interna.
Forse uno dei pochi risvolti positivi del governo Prodi (ah che bella invenzione l’eterogenesi dei fini) è aver mostrato come il re sindacale sia nudo. La Cgil senza Fiom semplicemente non è.