Mi spiace cadere nella trappola, ma anche a me vengono due o tre considerazioni su Grillo.
1. Questa storia dell’antipolitica è una buffonata. Grillo fa politica. L’evidenza dimostra che in programma di 281 pagine (quello con cui è stato eletto Prodi) su tutto lo scibile non è condizione sufficiente per far politica, ma neanche condizione necessaria. Anche un programma demagogico e giustizialista come lo sono i tre punti di Grillo è politica. Conosco e condivido i molti che voterebbero il partito che si assumesse un solo impegno: ridurre le tasse e l’invadenza dello Stato. Sbaglia chi continua a rubricare Grillo come un fenomeno dell’antipolitica, così come egli è ridicolo quando si schernisce sul suo ruolo politico.
2. Alla base di un programma giustizialista in genere c’è sempre qualcuno che ha fatto i conti con la giustizia. E purtroppo il caso si ripete. Insomma è mai possibile che un condannato (sentenza della Cassazione del 1988, 1 anno e tre mesi) per omicidio colposo possa pontificare sulla fedina penale dei politici? Per essere eleganti sembra la sconfitta dei Cordigleri di Danton ad opera dei giacobini di Robespierre: giù botte e coltellate tra simili. Grillo si lamenta dei condannati in Parlamento e noi che dovremmo dire dei condannati che invece si arrogano il diritto di decidere con i loro bollini chi deve andare in Parlamento
3. La proposta politica di Grillo è banalmente la critica spietata e maleducata della politica che governa e si oppone. Al giustizialismo, si somma un concezione vetero socialista del mondo del lavoro e “pecorona” dell’ambiente. Un mix micidiale per un liberale: l’irritazione che abbiamo verso i privilegi della politica non è lontanamente sufficiente a farci digerire questa brodaglia schifosa.