A futura memoria. Anzi a memoria del presente. Si dice sempre che le piccole e medie imprese sono la stragrande maggioranza in Italia. Capovolgiamo la questione. In Italia ci sono solo 3320 (avete letto bene tremilatrecentoventi) imprese con più di 250 dipendenti. Non diciamo che sia un bene o un male: è un fatto. Ma diciamo che non si possono pensare politiche economiche solo per loro. Le microimprese con meno di dieci addetti sono 4,1 milioni.
Si può dire come la Signora Emma che debbono crescere dimensionalmente. E va bene. Ma come? Con la bacchetta magica.
Sempre la signora Emma ha denunciato lo scandaloso ritardo nei pagamenti della pubblica amministrazione. Ha ragione. E va bene. Ma perchè non ricordarsi della ricerca fatta da Dun e Bradstreet che ha messo in evidenza come le grandi imprese nel 71,5 per cento dei casi è in ritardo sui pagamenti. Un po’ come l’ odiata Pa, le grandi utilizzano le piccole per finanziarsi.
Ultimo numeretto. Tanto per gradire. Le imprese artigiane, quelle fino a 22 dipendenti e che non siano costituite in forma di Spa, hanno assicurato all’Inail 3,8 milioni di lavoratori e versano per questa via 2,3 miliardi pari a circa il 4,6 medio di retribuzione. Alle imprese artigiane l’Inail paga 1,3 miliardi in prestazioni. Il che vuol dire che sono anni che gli artigiani contribuiscono con 1 miliardo ai conti dello Stato. Diciamo meglio: si tratta di una tassa ulteriore e occulta sulla piccola impresa.
Coloro che tanto amano la piccola impresa italiana questi numeri li conoscono?