Galli&Romano
I due supereditorialisti del Corrierone si interrogano sui tempi che furono. Prima l’uno e poi l’altro ci cucinano un pensierino (a cui perlatro ho provato a rispondere sul Giornale) del tipo: sono finiti i bei tempi. Galli dice, più o meno, che oggi non c’è più la politica. Viviamo in un mondo in cui sgretolano le nostre certezze e l’Italia è su un periocoloso crinale. Oggi sempre sul Corrierone, Romano allarga il discorso dalla politica all’impresa. E ci racconta i magnifici ideali dell’impresa del passato; di come Enrico Mattei fece dell’Agip uno strumento di della politica nazionale. E ancora di come Valletta avesse una certa indea dell’Italia. Contro, è implicito, il brutto andazzo di oggi.
Ho l’impressione che siano commenti che avremmo potuto trovare anche trenta, venti anni fa con gli stessi toni e gli stessi argomenti, anceh se con bersagli diversi. Invecchiamo e guardiamo al passato e ai personaggi della nostra giovinezza con un’indulgenza che non sarebbe dovuto. é naturale. Ma i nostri supereditorialisti, secondo me, non se ne rendono conto. Questa pesante condizionamento del giudizio fa trarre loro considerazioni generali sbagliate.
La politica sta cambiando e certo non è più quella Novecentesca a cui si rifà Galli. E’ peggio o è meglio? Boh, non è questo il punto. é semplicemente diversa.
E poi caro Romano, se lo faccia dire, ma oggi il grande senso dello Stato di Mattei finirebbe, come minimo, in una carcerazione preventiva: bisogna stare attenti a magnificare un passato che non c’era e non c’è più, grazie a Dio e agli uomini, solo perchè all’epoca si aveva qualche capello bianco in meno o qualche brufoletto in più.