L’economia di Fini
Così a caldo vediamo di cucinare la zuppetta economica che esce dal comizio di Fini. Mi sembra che si possa trovare un po’ tutto e il contrario di tutto: le libertà di Della Vedova e il popolismo della destra sociale. Intanto l’attacco a Tremonti: evitare, si dice, i taglia alla spesa orizzontali. Buona idea, già sentita dalla Bindi. E in fondo anche ragionevole. Ma se vedo appaludire Barbareschi e citare l’importanza dei “giacimenti culturali”, mi vengono i brividi e quasi quasi mi viene da difendere Julius. Sulla Scuola e sui tagli: la protesta dei precari diventa “Sacrosanta”. Urca: e chi li paga? O non è un porblema? a già fu Fini, nel primo governo del Cav, a fare il generoso rinnovo del contratto dei pubblici dip.
Buona, in questo quadro moroteo, l’idea di pagare di più il precario rispetto al lavoratore dipendente. Il cuoco condivide: meno tutele, più quattrini. Ma è proprio sicuro il leader futurista che sia ciò che oggi avviene in Germania?
Non possiamo porprio digerire, l’invocazione ad una maggiore giustizia sociale. Ma vallo dire a Hayek. Anche se sull’argomento non è che dalle parti della stretta osservanza del berlusca le cose vadano meglio.
La richiesta di una “grande assise del lavoro” sembra al cuoco una spezia disgustosa: la stessa attitudine che hanno quegli chef di serie B di piazzare un dado in ogni pietanza. Per non dire del lamento sull’egoismo che sarebbe diffuso. Puah!
Vabbè si tratta pur sempre di un comizio e per di più dall’altra parte (che non è più la sinistra, ma gli ex alleati del governo) non è che i sapori siano sopraffini: tra follie anti Ogm e protezionistiche della Lega e comunitarismo degli ex An della destra sociale.
Voto finale insufficiente: non si può perdonare l’assise e l’egoismo.