L’inventore del Mac, e poi dell’ipod e dell’iphone e dell’ipad e soprattutto dell’elettronica facile e comprensibile, è diventato una frase fatta. Non già per il suo tocco, che per definizione è d’oro. Ma per l’imbecillità dei consigli di amministrazione. In particolare quello della Apple che fucilò Steve Jobs nel maggio del 1985: come si può far fuori, è la domanda retorica, un tale genio? Per poi riprenderlo 12 anni dopo e grazie al suo rientro ritornare grandi. E’ molto interessante la tesi del prof Stross (uno della valle). Stross ci ricorda come Jobs, una volta uscito dalla Apple non combinò un bel nulla. I pc chiamati Next, in cui investì sette anni della sua vita, furono un flop: ne vendette 50mila. La Next stava sostanzialmente fallendo, ma fu comprata proprio dalla Apple che ne sfruttò le conoscenze per realizzare il suo nuovo sistema operativo.
La morale, dice Stross, è che probabilmente il cda della Apple bene aveva fatto nel 1985 a cacciare Jobs. E il purgatorio di 12 anni gli è molto servito per capire le difficoltà del mercato e i suoi errori nello stile di comando. Dunque Apple, se avesse tenuto Jobs in casa, non avrebbe regalato al mondo l’Ipod con 12 anni di anticipo: forse non sarebbe mai nato. Il walkman digitale nacque anche grazie al licenziamento di Jobs.
Una chiave di lettura per Mr Alessandro Profumo: non è uno psicodramma essere fatti fuori da un grande azienda che si è contribuito a far nascere. E non è detto che un periodo fuori dai giochi non serva. Magari per tornare più grandi di prima.