Il rallyno dei mercati
Il ministro degli Esteri Franco Frattini si lamenta del rinnovato asse tra tedeschi e francesi. Ha ovviamente tutte le ragioni diplomatiche di questo mondo. Ma ai mercati interessa poco la preoccupazione italiana. Anzi. La percezione che francesi e tedeschi si stiano impegnando per salvare le banche è uno dei motivi principali del recente rally (salita) delle Borse europee.
La crisi ovviamente è tutt’altro che finita. Così come l’accordo politico tra Merkel e Sarkozy è tutto da verificare: chi mette i quattrini, quanti ne mette e con quale proporzione. Attenzione dunque a pensare che la bufera sia finita. Ci sonoperò almeno quattro buone ragioni per le quali nell’ultima settimana è tornato il sereno.
Prima di farlo occorre dire chiaramente cosa sta succedendo. Negli ultimi cinque anni (fonte Bloomberg) non si era mai vista una tale massa di azioni prese a prestito: il livello è dell’11,6 per cento. Gli investitori si procurano sulla carta titoli per poi poterli vendere allo scoperto. Si tratta della misura più chiara di quanta sfiducia ci sia in giro. Se la scommessa è sbagliata è però necessario ricoprirsi immediatamente. E cioè ritornare sul mercato e comprare quelle azioni che in realtà non si hanno. È quello che è avvenuto nelle ultime quattro sedute di Borsa. Ieri Unicredit ha chiuso con un più 12 per cento.
Il mercato in questo momento è come una molla compressa (dalle vendite) e basta qualche buona notizia per far sì che la tenacia dei pessimisti svanisca. Vediamo dunque quali sono le (relativamente) buone notizie che hanno fatto cambiare idea ai nostri mercanti finanziari.
1. Presupposto delle vendite è che stiamo per affrontare un fallimento di molte banche europee. Dexia, il colosso franco belga è stato recentemente nazionalizzato. Ieri c’erano timori per una banca austriaca. Diversi organismi internazionali sostengono che sia necessario ricapitalizzare le banche europee per 200 miliardi. Nessuno si fida più dei cosiddetti stress test fatti a luglio: Dexia li aveva superati alla grande. Ma, è questa la scommessa delle ultime ore, sembra che tedeschi e francesi non vogliano lasciare nessuno per strada. Tanto più è credibile questa presa di posizione, quanto più il mercato rimbalzerà.
2 . Le banche non si fidano più delle altre: non si prestano quattrini. La banca X deposita le proprie risorse presso l’affidabilissima Banca centrale europea e in cambio si porta una misera remunerazione dello 0.5 per cento. Mai era stato raggiunto uno stock di depositi presso la Bce così alto. Nel contempo le medesime banche prendono a prestito (dietro garanzia di titoli pubblici) quattrini alla Bce all’1,5 per cento. Le sole banche italiane hanno sfruttato questo canale a settembre per 20 miliardi in più. Le stesse potrebbero (e talune lo fanno) impiegare i medesimi quattrini nel sottoscrivere nuovo debito pubblico italiano che al momento rende circa il 4 per cento. Un buon affare, a patto che il sistema regga. Pessimo (come dimostra il caso greco) se lo Stato e il suo debito dovessero saltare. La tenuta dei bilanci delle banche dipende oggi da questi umori.
3. Questa estate si è pensato che stessimo per affrontare una crisi economica da brivido. Qualche recente dato macroeconomico dà più di un conforto. Gli americani poco spiegabilmente continuano a spendere: a settembre i consumi sono saliti del 5,5%. Ieri il New York Times si azzardava a dire che la recessione è semplicemente finita. Ma anche l’Italia, che viene descritta sull’orlo del burrone, ha dato qualche segnale di vita. La produzione industriale di agosto ha fatto segnare un balzo monstre del 4,7% e i consumi elettrici ( che denotano la vitalità di famiglie e imprese, nonostante i condizionatori accesi a settembre) hanno fatto un balzo del 5.Non siamo morti.C’è materia per mettere paura ai ribassisti che hanno venduto allo scoperto.
4. Infine l’euro: in due mesi è passato da 1.45 a 1.35 con il dollaro. Un deprezzamento che aiuta le nostre imprese. Ma anche un segnale. In un mondo just in time , in cui le aziende non fanno magazzino, la discesa dell’euro può aver creato quei balzi della produzione già descritti. Si potrà rivelare un fuoco di paglia.
Questa è la situazione. I grandi investitori sono molto esposti sulle vendite: credono che il mondo piomberà in una nera recessione e che la politica europea sarà divisa nell’affrontarla. Ogni segnale che vada contro questo mantra, fa scattare acquisti di azioni e titoli. Per un gestore, per un investitore perdere soldi è grave; ma non farli, quando il mercato sale, lo è altrettanto.