Le tasse sulla Birra e i precari della Pa
Quando una piccola impresa vede ridursi il proprio reddito si arrangia. Riduce innanzitutto le spese e poi si «sbatte» in tutti i modi per lavorare di più. La più grande impresa del Paese, cioè lo Stato, che impiega 3,6 milioni di dipendenti e ha ricavi per 771 miliardi di euro l’anno (le nostre tasse) ragiona diversamente. Fa una legge e per decreto aumenta i ricavi, cioè le nostre tasse. Se la vita economica fosse così facile avremmo risolto i problemi del mondo. Stiamo forse banalizzando? Ma va là. Sentite questa. Ieri in Parlamento hanno deciso di stabilizzare 10mila dipendenti della pubblica istruzione, poi, in serata, sono tornati indietro e hanno bocciato la norma: niente assunzioni. Sventata la follia, ma non il principio che la stava ispirando. Bisognava trovare il denaro per stabilizzare quei 10 mila professori. Già, come? Cercando nelle pieghe dei ministeri? Riducendo gli sprechi?
Combattendo l’assenteismo? Ma figurarsi. È bastato toccare una piccola tassa sugli alcolici e la birra. L’equazione è presto fatta: più istruzione meno alcol. E tutti a brindare alla nuova e progressiva norma. Tutte balle. Ma ben confezionate.
Il fatto che questa volta il colpo di mano sia stato sventato, non cancella il problema. Anzi. Abbiamo costruito 1.900 miliardi di euro di debito pubblico proprio su micro manovre di questo genere. La faccia tosta dei nostri politici non ha limiti. Il governo è riuscito ad aumentare le imposte locali retroattivamente, negli ultimi decenni (compresi Berlusconi e Monti) si sono toccate le accise sulla benzina fino a portarla a due euro al litro. E ora anche la birra.
Gli italiani hanno dato l’impressione di poter sopportare qualsiasi supplizio fiscale. Crediamo che oggi non sia più così. In queste ore in cui si discute di una norma costituzionale che imponga il pareggio di bilancio pubblico, riteniamo che sia un falso obiettivo. Il problema non è pensare di trovare grazie alla birra le risorse per assumere 10mila dipendenti pubblici (principio del pareggio di bilancio), ma è ridurre i dipendenti pubblici e non toccare le accise (principio della riduzione della spesa pubblica).
E per questa via ridurre le imposte. In Costituzione si dovrebbe piuttosto inserire una norma vincolante sulla percentuale totale di reddito che si può sottrarre agli italiani. Oggi lo Stato preleva il 44% della nostra ricchezza. In un Paese libero non dovrebbe superare il 30 per cento. Altro che imposte sulla birra.
Ps. Le accise su benzina e birra e le addizionali Irpef locali sono decisamente regressive. E cioè colpiscono in maniera maggiore le fasce di reddito più basse.