Hollande non vale una messa
Ma siamo sicuri che Hollande valga davvero una messa? Tutti pazzi del francese dall’aria pacioccona. Un fetta consistente dei liberali si è già detta entusiasta della sconfitta al primo turno di Sarkoky. E una cospicua parte dei berlusconiani, non dice, ma sotto i baffi restituisce all’attuale presidente francese quella risatina di sfottò, che Sarkozy aveva riservato all’Italia, complice la Signora Merkel e una conferenza stampa nel pieno della crisi dello spread. Ma qualcuno si è letto il programma dei socialisti? Primo aumentare l’aliquota massima sul reddito al 75 per cento. Secondo ridurre (sì avete capito bene, ridurre) l’età della pensione di due anni. Terzo: assumere altri 60mila dipendenti pubblici. E ci fermiamo qua per carità di patria.
Hollande incarna pure la protesta nei confronti dell’attuale conduzione della politica economica europea. Rompe il patto di ferro Sarkozy-Merkel e minaccia di non ratificare il cosiddetto [/TESTO]fiscal compact, che prevede una rigida camicia di forza alle politiche economiche nazionali. Insomma Hollande è l’incarnazione dell’euroscetticismo nei confronti della supremazia tedesca. Figuratevi un po’ voi se ci si debba affidare a un francese per tale ambizioso obiettivo.
Quel che resta, e su questo converrebbe ragionare con un po’ di freddezza, è il pensiero di base con il quale Hollande scalda i cuori dei moderati italiani. Il candidato presidente all’Eliseo e molti come lui, giudicano questa una crisi che deriva dal fallimento delle ricette liberali. E ritengono che la soluzione sia più Stato e meno mercato, più spesa e più tasse. Questa è la forza del programma socialista francese.
In uno Stato come il nostro in cui la spesa pubblica è il 50 per cento della ricchezza prodotta, come si può dire che a fallire sia stato il mercato? Come si può continuare a pensare che si debba rincorrere la spesa pubblica con maggiori imposte? È di plastica evidenza che oggi gli Stati europei abbiano la necessità di meno pubblico e più privato. E noi che facciamo? Ci appassioniamo per Hollande. Una cosa da pazzi.
Certo le politiche economiche restrittive imposte dalla Germania sono altrettanto folli. Ma esse non si combattono con i socialisti francesi. Si combattono con la riduzione della spesa e delle imposte: esattamente l’opposto di ciò che propone il candidato socialista.
«Sì ma intanto rompiamo il fronte», è il non detto del centrodestra italiano. Che tragica illusione. Quando negli Stati Uniti eleggevano Ronald Reagan e in Gran Bretagna governava la Thatcher, i francesi sceglievano Mitterrand. Chapeau. L’Europa continentale ancora paga l’ubriacatura di quei dieci anni in cui il mondo anglosassone ha saputo cambiare strada, ha modificato la struttura della sua economia e ha modificato il suo Stato sociale in modo più competitivo. Questo rischiamo di fare oggi. Sull’altare dell’antipatia (più che legittima) alle politiche tedesche finiremo per innescare quella retromarcia culturale e politica che si chiama Socialismo francese.
Il centrodestra sembra amare un Hollande à la carte: sceglie il piatto buono contro la Merkel. E finge di non leggere il resto del menu, zeppo di pietanze indigeribili. Che rischiano di contagiare anche le nostre mense.