I tagli di Monti
Forza presidente del Consiglio, non molli di un millimetro. E soprattutto fa bene a tenere le carte coperte. I tagli alla spesa pubblica sono cosa buona e giusta. Inaugurare una nuova concertazione su dove, come, quanto e perché si debba tagliare porterebbe ad un solo risultato: il nulla.
I tagli alla spesa pubblica li invocano tutti, ma nessuno veramente li vuole. Siamo un Paese fantastico: i sondaggi dicono che più dell’80 per cento degli italiani ha in odio gli evasori, ma ad evadere sono sempre gli altri. Chiediamo una società più meritocratica, ma il merito che attribuiamo a noi stessi è sempre di gran lunga superiore a quello degli altri. E così per la spesa pubblica: a parole diciamo di volere il machete, ma quando si tratta di ridurla per davvero invochiamo il bisturi. Viviamo nel miraggio, vedrete quanto se ne parlerà nelle prossime ore, che per fare un taglio alla spesa sia sufficiente ridurre gli sprechi. Che certo ci sono. E vanno cancellati. Un grande giornalista diceva che in Italia è impossibile fare la rivoluzione, perché in fondo ci conosciamo tutti. E così per la spesa pubblica: è difficile tagliarla perché un boccone arriva in tutte le famiglie. E quello sprecato, ingiusto, scorretto è sempre quello fagocitato dal vicino.
L’ex ministro Giulio Tremonti, a cui non manca una certa perfida astuzia, con la manovra del luglio di un anno fa, ha messo gli italiani davanti a un bivio: o ci decidiamo a tagliare davvero la spesa oppure aumentiamo ancora le tasse. Fate voi. La storia è ovviamente più complicata, ma gli effetti sono banalmente questi. Oggi il governo deve portare a casa risparmi per più di quattro miliardi nei pochi mesi che restano alla fine dell’anno. Altrimenti dovrà aumentare l’Iva. La mossa tremontiana ha il pregio di metterci di fronte alla realtà: se vogliamo continuare a spendere accomodiamoci, ma il prezzo del pasto questa volta si paga subito.
I tagli alla spesa pubblica non sono un invito a un ballo. Sono interventi nella carne viva del tessuto di questo Paese. Ridurre i pubblici dipendenti, tagliare le Province, ridurre gli autisti delle auto blu, cancellare i micro acquisti locali, sfrondare consulenze e ridurre la spesa per i farmaci sono il contenuto della vuota etichetta «riduzione della spesa pubblica». Il governo continui per la sua strada. Se dovesse vincere questa battaglia perderebbe un’ulteriore fetta di consenso, come è successo per la riforma pensionistica, ma restituirebbe una prospettiva a questo Paese.