Anche la concertazione è una boiata
Mario Monti ha avuto ieri il coraggio di dire ciò che molti pensano, ma che pochi osano pubblicamente affermare: «La concertazione è la causa di molti dei mali attuali». Il paradosso è che a smontare il mito della concertazione inventata venti anni fa da un tecnico come Ciampi sia un altro tecnico. Ha ragione Monti: l’idea che anche il minimo dettaglio della politica economica di un Paese sia da contrattare con sindacati e organizzazioni imprenditoriali si è rivelata un gigantesco errore. Perché la riforma delle pensioni, per citare un caso, votata dal Parlamento liberamente eletto avrebbe dovuto essere preventivamente contrattata con le parti sociali? Può piacere o no. Questo non è il punto. Ma per quale ragione (se non il recupero di qualche nostalgia corporativa e antidemocratica) le scelte economiche che riguarderanno le prossime generazioni debbono ottenere il preventivo assenso dei sindacati di oggi? Il Parlamento a che serve?
La condivisione della politica economica con le parti sindacali negli ultimi vent’anni ha prodotto più tasse, più spesa pubblica e meno sviluppo. Abbiamo assistito a una favolosa traslazione delle responsabilità per la quale i governi che si sono succeduti sono da condannare (e ce n’è ben donde), ma le parti sociali con cui hanno condiviso tutte le scelte sono ancora lì a dettare le ricette per uscire dall’impasse. Il bilancino dei pesi ha sempre visto i sindacati come azionisti di maggioranza della concertazione. Le loro organizzazioni si reggono in gran parte proprio sui loro informali diritti di veto nelle questioni di politica economica. Berlusconi si è scontrato nel ’94, quando il suo governo aveva ancora velleità riformiste, proprio con il blocco sociale della concertazione. Poi è sceso a patti. E si è visto che fine ha fatto. Ma la concertazione si regge anche sulla gamba datoriale: dei padroni, come si sarebbe detto anni fa. Non è un caso che ieri a criticare l’uscita del presidente del Consiglio, oltre ai sindacati, sia emersa la voce (solitamente silente) del leader di Rete Imprese Italia, l’artigiano Giorgio Guerrini. Le piccole imprese sono state massacrate dalla concertazione: fatta e tagliata per le grandi e per i pensionati. Ma il leader dei piccoli più che alla sua pasticceria probabilmente pensa al suo futuro politico. Le nottate a Palazzo Chigi fanno dimenticare anche ai più sani degli imprenditori la storia e le esigenze delle proprie botteghe. La concertazione ha ammazzato la separazione dei ruoli. Sindacati e imprenditori che pensano di fare i politici. Governi che non hanno il coraggio di adottare misure non condivise con i sindacati. E Parlamenti che votano norme già contrattate altrove.