O salviamo il Sulcis o salviamo l’economia
Il governo Monti, come quelli che lo hanno preceduto, è davanti ad un bivio: o salva la miniera del Sulcis o salva l’economia italiana. È inutile girarci intorno. La questione va oltre i minatori sardi, che sono ottimi e onesti lavoratori, per i quali si deve trovare una soluzione. Il punto è che si deve una volta per tutte dire che la presa per i fondelli non può continuare. Ha senso salvare 460 posti di lavoro scaricando sulla bolletta elettrica una mini-tassa di 250 milioni all’anno, spalmata su tutti gli italiani? Ha avuto senso regalare all’Alcoa, sempre in Sardegna, più di due miliardi di euro dei contribuenti italiani, in dieci anni, per salvaguardare un migliaio di posti di lavoro? Quando si parla del lavoro altrui è facile usare questa durezza. E ce ne scusiamo preventivamente. Ma gli operai dell’Alcoa e i minatori del Sulcis oggi pagano l’inganno di vent’anni di vigliaccheria della politica che non ha avuto il coraggio di dire che quell’attività non reggeva più. Il Quirinale e i politici fanno a gara per solidarizzare con i minatori del Sulcis. Ma dovrebbero piuttosto riflettere sui propri errori. Pensare di sussidiare a vita un’industria morta (spesso per colpa delle stesse regole ambientali che ci siamo dati) è criminale. E in una fase in cui hanno chiuso 50mila imprese invisibili, in cui in tutta Italia dipendenti, artigiani e imprenditori faticano a tirare avanti, perpetrare l’inganno della Mamma Stato che paga il conto per attività che non reggono è folle. Se oggi si deciderà ancora una volta di pagare il conto, a spese della collettività, si getterà nel cestino il futuro degli stessi figli dei minatori.