Qurinale, Ingroia e dintorni
Qualche appunto sullo scontro Quirinale-Procura di Palermo e sulle contraddizioni dei protagonisti di questa vicenda.
1. Ieri intervistato dal Corrierone il procuratore capo di Palermo, Francesco Messineo, al giornalista che gli chiede da dove sono uscite le indiscrezioni sui colloqui tra Napolitano e Mancino replica: «A questa domanda non saprei rispondere. Sicuramente non dalla procura di Palermo che difficilmente avrebbe usato un settimanale come Panorama, pur legittimamente, mai molto tenero con la stessa». Risposta sbagliata. E se Panorama (come ad esempio il <Fatto) fosse stato tenero con la Procura sarebbe stato possibile usarlo per fare uscire le indiscrezioni? Il verbo «usare» la dice tutta sui rapporti tra Procure e giornali. Il procuratore forse avrebbe potuto dire semplicemente che da una Procura seria non esce un briciolo di intercettazione. Ma forse gli scappava da ridere e si è tradito. Insomma non usano Panorama.
2. Sempre nella medesima intervista, Messineo riguardo al contenuto dello scoop di Panorama dice: «Non posso affermare o negare. Significherebbe rendere esplicito il contenuto». Giusto. Ma il problema è che il suo procuratore aggiunto Ingroia in ben due interviste contemporanee su Repubblica e il Fatto dice: «Ho la certezza che in quel pezzo (di Panorama, nda) non c’era una riga del contenuto effettivo di quelle telefonate coperte da segreto». Oplà. Cade proprio nella trappola di cui parla Messineo e cioè, negando la veridicità del contenuto del pezzo di Panorama, viola, come dice il suo capo, il segreto. Prima di fare le interviste, forse sarebbe il caso che i due si facessero una telefonata. Tanto non li intercetta nessuno.
3. Ancora sullo scoop di Panorama. Quando Corrado Formigli a «Piazza Pulita» intervista Nicola Mancino (in fondo l’unico che ha sentito dal vero la voce del Presidente) e gli chiede se può confermare il contenuto pubblicato dal settimanale, questi non dice né no né sì. L’indagato non smonta lo scoop di Panorama. Mentre il suo inquirente, Ingroia, sostiene che nel pezzo di Panorama non c’è una riga che corrisponda a verità. A questo punto conviene proprio che le intercettazioni vengano subito bruciate (come ieri con un colpo di scena ha promesso Messineo) altrimenti si rischierebbe di smentire clamorosamente Ingroia e dare ragione all’intuito giornalistico di Panorama. Dio ce ne scampi.
4. Nella maschia difesa delle prerogative del Quirinale e di se stesso, il premier Mario Monti parla di tentativi di destabilizzazione e fa riferimento al «prestigio internazionale» che potrebbe venir compromesso. Questo argomentato, accarezzato in modo compiaciuto dai media italiani, non valeva forse anche per le migliaia di intercettazioni dell’ex presidente del Consiglio? Qualcuno forse dimentica che la famosa frase sulla Merkel culona è solo un’indiscrezione giornalistica (lanciata prima dalla Jena sulla Stampa e poi esplicitata il giorno dopo dal Fatto). Si riferirebbe ad una telefonata Berlusconi-Tarantini e intercettata dalla procura di Bari. Ma da nessuna parte è mai uscita la frase sulla culona. Dove erano i difensori del prestigio internazionale del Quirinale, quando solo un anno fa si sputtanava il premier senza uno straccio di prova?
5. Messineo dice «la rivelazione di notizie coperte da segreto istruttorio è evidente» e «non è da escludere che sulla vicenda possa essere avviata un’inchiesta». E poco dopo «l’intenzione di disporre accertamenti su una possibile fuga di notizie non significa necessariamente attribuire validità alle notizie che sono state diffuse». No, scusate. Non ci capiamo un bel niente. Se la rivelazione delle notizie coperte da segreto istruttorio è evidente, come dice Messineo, come può detta fuga essere solo possibile, come dice Messineo. O uno fugge o resta a casa. Difficile fuggire restando a casa. E se per di più il fuggitivo (cioè le notizie oggetto delle indiscrezioni di Panorama) non esiste, è un falso. come posso indagare su di lui? Misteri palermitani.
6. Qualcuno ricatta il Quirinale, è la favolosa tesi dello stesso Quirinale, ma anche di magistrati e giornalisti. Rimettere le cose in fila aiuta a non farsi ingannare. Tutto nasce da due conversazioni tra Napolitano e Mancino (all’epoca dei fatti ancora non indagato) intercettati dalla procura di Palermo. Il Quirinale vuole che quei nastri siano subito distrutti, la procura no. Il Colle chiede dunque un parere alla Corte costituzionale su come cancellare queste bobine calde. Chi ha iniziato la pratica? Un manettaro dirà chiaramente (il Fatto) che il presidente non si deve occupare degli affari di Mancino (poi indagato) e che se non ha nulla da nascondere deve far pubblicare le intercettazioni. Un garantista dirà che la procura ha messo in cassaforte materia bollente che invece avrebbe dovuto subito stracciare senza fare tante storie. Insomma mettetela come vi pare. Ma le cose sono due: o è il Quirinale ad essersi messo nelle condizioni di essere ricattato o è la procura che ha creato le condizioni per ricattarlo. Sempre per usare i termini che vanno di moda oggi. Ma non si capisce cosa c’entrino Panorama e il suo scoop.
7. Sempre sul ricatto. Una delle accuse mosse a Berlusconi è che il premier con i suoi comportamenti spiattellati sui giornali, grazie alle telefonate intercettate, si rendeva ricattabile. Difficile trovare oggi qualcuno che veda il ricatto come condizione in cui si è trovato colpevolmente il Quirinale; tutti che gridano al ricatto di qualcuno (Panorama, i magistrati, i politici) nei confronti del Quirinale. Che poverino è vittima incolpevole. Peccato che simile presunzione di ingenuità istituzionale sia, anche questa, una prerogativa solo del Colle.
8. Le intercettazioni diventano irrilevanti a seconda di chi le subisce. L’ex presidente della Corte costituzionale, Valerio Onida (membro di Libertà e Giustizia, promotore della piazza contro la cosiddetta legge Bavaglio) in due diverse interviste ieri ha detto: «Intercettazioni irrilevanti. Il loro uso mediatico è un malcostume politico». Ma con lo stesso criterio garantista con cui Onida giudica irrilevanti (per sapienza divina) intercettazioni che non ha potuto leggere o ascoltare, avrebbe potuto giudicare mostruosamente e manifestamente irrilevanti le intercettazioni pubblicate sui giornali riguardo la vita privata di Berlusconi.
9. A proposito di prerogative del Quirinale da difendere. Perché tutto questo comprensibile can can sulla vicenda palermitana e neanche una parola sulle intercettazioni di Napolitano agli atti dell’inchiesta sul G8? Proprio il Fatto ha intervistato Guido Bertolaso, che ha confermato che una sua telefonata con Napolitano era stata registrata. L’indagato (in questo caso Bertolaso e non Mancino, che all’epoca della registrazione dei pm palermitani non era affatto indagato) ha spiattellato i contenuti di quella conversazione. Ma con la procura di Firenze non è stato sollevato alcun conflitto di attribuzione. Einaudi e le prerogative del Colle da tutelare in questo caso non valgono?