C’è un mito favoloso che si aggira per l’Italia: combattere l’evasione fiscale risolverebbe tutti i nostri problemi di bilancio e di mancanza di fondi. È una balla. Ciò non toglie che sottrarsi ai propri obblighi fiscali modifichi le regole della competizione e danneggi gli onesti e virtuosi. Ma non cerchiamo scorciatoie: il problema è l’eccesso di fiscalità e di presenza dello Stato nella nostra vita quotidiana.
Nei mesi scorsi con le tasse degli italiani è stata pagata una réclame contro l’evasore. Piuttosto efficace nella sua crudezza. Si associava il volto di un attore a quello delle bestie: «Lui è un parassita sociale», si diceva. E ancora «chi vive a spese degli altri danneggia tutti». Mai spot (pensato ai tempi del governo Berlusconi) è stato più ingannevole. La «bestia», il «parassita» più dannoso è lo Stato.
Il meccanismo pensato dai nostri politici e dai nostri dipendenti (i funzionari del ministero competente) è molto semplice: individuiamo un nemico e allo stesso attribuiamo le ragioni ultime della nostra crisi.
Cerchiamo di ragionare con la nostra testa di cittadini e di contribuenti. Come detto siamo danneggiati da coloro che ci fanno concorrenza sleale non pagando le imposte dovute. Ma la fonte del disagio maggiore è la macchina statale. Come diavolo si permettono di creare questo clima intimidatorio nei nostri confronti? Ribaltiamo piuttosto la storia. E vediamo chi vive davvero a spese degli altri.
Ieri hanno arrestato un esattore che si intascava, secondo l’accusa, i proventi della raccolta fiscale. Nelle settimane scorse abbiamo assistito in modo plastico all’utilizzo perverso e spesso truffaldino dei quattrini che diamo alle Regioni. È ragionevole pensare che le nostre istituzioni potrebbero dimagrire nelle loro esigenze di funzionamento. Le nostre norme tributarie ci impongono 108 adempimenti per rispettare la corvée fiscale.
Orbene, se davvero politici e burocrati hanno questa smania di spendere i nostri quattrini per la comunicazione sociale, prendano un burocrate tipo o un politico zero e associno ad esso la figura del parassita. La cultura dominante ci sta facendo un lavaggio del cervello: ci indica un bersaglio sbagliato. Tolstoj ci diceva che «ogni famiglia è infelice a modo suo». Noi possiamo ben dire che ogni italiano ha un’infelicità fiscale «a modo suo». Chi non riesce a pagare l’Imu, chi si vede il proprio netto in busta paga distrutto dal cuneo fiscale, chi ha la propria azienda vessata da imposte anche sulle perdite, chi paga contributi espropriativi (arriveranno al 33 per cento) senza neanche avere un posto non dico fisso, ma stabile.
Ma veramente lo Stato ha la coscienza così pulita da farci la predica sulle tasse? I sermoni se li reciti a casa propria. Vada a vedere come vengono impiegati i nostri quattrini. Affami se stesso, prima di affamare noi.
Il bello, o se preferite, il brutto è che nella trappola ideologica dello Stato esattore e avido ci siamo caduti come dei bamba. Tutti i sondaggi rilevano come gli italiani siano inferociti contro l’evasione fiscale. La grande maggioranza degli italiani la ritiene una piaga dolorosissima. Il meccanismo è molto semplice. Ognuno di noi pensa che ad evadere sia sempre e solo l’altro. Noi siamo immacolati, ma la categoria tal dei tali, quella sì che è fatta di farabutti. Basterebbe colpirla che d’incanto avremmo risolto tutti i nostri problemi economici. Non è così. Ma è importante che così si creda. E quando paghiamo irritati la nostra gabella, ci viene detto che se tutti pagassero il dovuto essa sarebbe di molto inferiore. Comodo così. Lo Stato ci chiede il sangue e ci spiega che il prelievo è così duro perché un imprecisato vicino non dona neanche un centilitro. L’importante è non associare il nostro salasso alla festa della Bestia statale. Sennò l’obiettivo sarebbe molto chiaro e facilmente individuabile.
Se chi ci governa impiegasse il 10 per cento delle sue risorse di tempo, di leggi, di norme, di interventi liberticidi e di violazioni continue della privacy invece che per combattere l’evasione, per cancellare la propria bulimia spendacciona (dagli enti locali allo Stato centrale), avremmo trovato risorse per la libera economia molto maggiori di quanto sia stato fatto con la caccia all’evasore.
È poco chic dirlo. Ma tra il parassita statale e il parassita evasore, quello che succhia più linfa dalla nostra economia è il primo. Ma avete mai visto un parassita che si cosparge da solo di Ddt?

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