Ciò che non è ben chiaro a chi ci governa è come l’economia italiana sia ferma, immobile, depressa. L’impresa economica non si misura solo con le funzioni matematiche, con i libri di testo (che hanno ovviamente la loro importanza), ma anche e soprattutto con gli spiriti animali, con le intenzioni,con le aspettative (adattative o razionali, dipende dalla scuola di pensiero). Milioni di interazioni economiche che ogni giorno caratterizzano la nostra vita sono certamente influenzate (eccome) dal vincolo di bilancio (quanti quattrini abbiamo in tasca), ma in fasi come queste soprattutto dalle attese che abbiamo per il futuro. Il governo pensa a tenere in ordine i conti. Il che vuol dire, in buona sostanza, che si preoccupa di pagare gli stipendi ai suoi dipendenti. Non pensa di ridurre il suo ruolo e il suo peso; il paradigma dell’austerità non si fonda sulla riduzione dell’ingombrante Bestia statale, ma sulla riduzione dell’autonomia economica dei suoi sudditi. Che non possono fare altro che stare immobili. Non compriamo più case, siamo troppo occupati a pagare tasse, rispettare norme condominiali, regolamenti comunali, imposizioni ambientali, per pensare di acquistare un debito. Ci siamo scordati cosa voglia dire avere un’auto nuova: ci teniamo stretta quella vecchia. Se non abbiamo i quattrini, perché semplicemente è diventata un lusso; e se ce li abbiamo, semplicemente perché dire di averli è diventato un peccato. Ovviamente non consumiamo, se non lo stretto necessario. E quel poco che compriamo, sappiamo che è più caro, non già per il costo della sua manifattura, ma per la piramide di imposte che gravano sul prodotto finito. Le banche che si sono accorte della crisi finanziaria, un minuto dopo aver pagato i bonus ai propri amministratori, non prestano soldi. Un po’ perché lo devono fare a tassi esorbitanti (e ciò dipende dai loro comportamenti di ieri e non già dall’avidità di oggi) e un po’ perché le imprese non hanno alcuna voglia di investire. E se chiedono due soldi alle banche è per rifinanziare il loro circolante (cioè la loro produzione e il loro magazzino, per dirla semplice). Quando un’economia si blocca è morta. Perché sono morte le aspettative sul futuro dei suoi componenti. Grazie al cielo nulla di tutto ciò è irreversibile. Ma può durare a lungo. E allora sono guai. Oggi è più che mai necessario riportare in gabbia la Bestia statale. Siamo arrivati a un punto che non è più sufficiente abbassare le imposte. È necessario, ma non sufficiente. Si deve rimettere in moto l’altoforno dell’economia. Si deve ricreare un ambiente e un’aspettativa favorevoli al consumo, alla produzione. Alla ricchezza. Che non è insulto.

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