Le vecchie liturgie di Bersani
Non si riesce bene a capire per quale motivo il presidente incaricato, o semincaricato, Pier Luigi Bersani stia facendo questo lungo valzer di incontri con le parti sociali. E non si occupi piuttosto di tenere in piedi il suo partito, che si sta platealmente dividendo (e questi in effetti sono affari suoi), e soprattutto non provi a stringere quella mano tesa da parte della seconda coalizione uscita dal voto. O forse si capisce benissimo. L’idea è che gli italiani si possano guidare attraverso un grande accordo, antidemocratico, con l’establishment. L’idea che un Paese si possa guidare attraverso il consenso delle corporazioni, dei corpi intermedi, non è proprio democratica. E soprattutto oggi non ha alcun senso. I nostri organismi intermedi stanno vivendo da tempo una crisi pari a quella della politica. Il numero uno degli artigiani, tal Giorgio Guerrini, per sei mesi rappresentante anche di diversi milioni di piccole imprese non solo artigiane, si è candidato ed è stato platealmente trombato. Sindacati e organizzazioni datoriali negli ultimi anni hanno visto i propri vertici occupati più a trovare un futuro politico a loro stessi che a rappresentare e servire i propri associati. Il discorso non si può generalizzare. Oggi Confindustria, ad esempio, è guidata da un imprenditore che, più che a Roma, pensa alla propria azienda.
Insomma, Bersani sta bruciando il suo tempo sull’altare di una liturgia antica ed inutile. Il voto di fiducia lo si raccoglie in Parlamento, il consenso durante la campagna elettorale. Inoltre converrebbe rendersi conto di come i rappresentanti delle forze sociali, al pari della politica, siano stati negli ultimi anni decisamente conservatori. Le consultazioni di Bersani sono la fotografia di quel piccolo mondo antico di notabili che si tenevano a vicenda. È un vizio che ha riguardato anche il centrodestra quando non ha saputo dare una scossa alla propria constituency elettorale (pensate all’obbrobrio della riforma forense e alla difesa degli albi). Se Bersani davvero pensa che i problemi dell’economia, dello sviluppo, dell’occupazione e – pour cause – del suo incarico si risolvano con la sfilata delle forze sociali, prepariamoci al peggio.