«Sono pronto a passare tutto il resto dei miei giorni dentro a Castel San Angelo a meditare. Santità avevo fatto un torto a un piccolo falegname giudio, ma sono riuscito corrompendo giudici, testimoni, uditori, avvocati, guardie, abati, funzionari, periti, amministratori a far condannare quel poveraccio solo perché lui è povero e giudio e io ricco e cristiano.

Comunque io, Santità, mi inchino alla vostra volontà e sono disposto ad andare di buon grado in galera purché in compagnia dei monsignori Ralli, Fanta e Bellarmino, dei cardinali Fioravanti e Bucci, degli uditori di prima istanza, Ardenghi principe di Colleterzo, Soffici duca di Sezze, del conte Unte von Kaiper comandante della Guardia svizzera e dell’abbate di Santa Maria della Minerva…».

Ve la ricordate quella straordinaria interpretazione di Alberto Sordi, alias Marchese del Grillo, che davanti al Papa, Paolo Stoppa, coinvolgeva mezza guardia nobile per scusarsi del suo ennesimo scherzo? Lì c’era da ridere. Come sa fare solo Mario Monicelli. Qui c’è da riflettere. E andiamo al dunque. Dopo tre anni, tutta la famiglia Ligresti viene arrestata (uno dei fratelli è all’estero). Con accuse pesantissime. Si tratta, come troppo spesso avviene in Italia, di carcerazione preventiva. Ma per una volta non vogliamo entrare su questo aspetto di cui, come ben sanno i lettori di questa zuppa, riteniamo si abusi.

No, vogliamo parlare dei cardinali, degli uditori, dei principi di oggi. E cioè della borghesia che conta e che finge di contare in Italia. Del capitalismo di relazione, per cui tutti si tengono insieme: come tanti ubriachi in fila indiana. E se cade uno, dovrebbero cadere tutti. Dove diavolo sono finiti? Ieri la borghesia milanese era certamente accanto ai Ligresti; oggi si è liquefatta. Non sappiamo come andrà il processo, e non conosciamo ancora le motivazioni per le quali i magistrati hanno ritenuto così urgente (figurarsi) comprimere la libertà dei Ligresti.

Quello che proprio non ci va giù, è che mezza Milano, la stessa che faceva a gara nel presentarsi alle inaugurazioni del negozio Gilli di Giulia, o che invitava le sorelle nei bei palazzi del centro, o che partecipava alle manifestazioni sportive organizzate da Paolo, o che chiedeva consigli e favori al vecchio patriarca, si sia disciolta in un nanosecondo. Non ci va giù la finanza buona e corretta che fino a ieri ospitava i Ligresti nei propri consigli di amministrazione e che oggi fischietta sulle aragoste del Tanka Village. È insopportabile una borghesia che non abbia il coraggio delle sue frequentazioni e financo dei propri errori. È una corsa a cancellare le proprie foto da Facebook e non si tratta di un’esagerazione.

Se da questa classe dirigente dobbiamo sperare nel nostro futuro, siamo messi davvero male. Per essere più chiari, il cuoco di questa zuppa, non è scandalizzato del fatto che mezza Milano frequentasse i Ligresti: tutt’altro.

È scandalizzato che mezza Milano oggi neghi di averlo fatto. Questo non è un atteggiamento pavido. Peggio: è mafioso. Tutto si digerisce: ora è il turno dei Ligresti, domani dei Rossi, e nel futuro dei Bianchi. Una photo opportunity di oggi può essere un ricatto domani. Una tartina a via della Spiga, ingollata come solo il Cafonal di D’Agostino può immortalare, può diventare indigesta.

D’altronde è quella stessa borghesia che brindava alla gambizzazione di Indro Montanelli, per poi considerarlo un eroe quando ritornò al Corriere. È quella stessa borghesia che corteggiava Craxi e il suo entourage, per poi appassionarsi a Di Pietro.

È una borghesia che ormai ha perso la fabbrica e la voglia di fare: ma che, sempre uguale a se stessa, non si è riuscita a dotare di spina dorsale.

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