Dai Bot people ai Bot bankers
Del suo debito pubblico Ronald Reagan diceva: «È grande abbastanza da saper badare a se stesso». Purtroppo per noi anche il nostro debito è grande, ma a badarci sono rimaste solo le banche. Il che non è così tranquillizzante. Quando si parla del nostro debito pubblico e dei suoi rischi non si pensa mai a chi ce l’abbia in saccoccia, in portafoglio.
Sappiamo che ha superato i duemila miliardi di euro, di cui 1.700 sono titoli emessi sul mercato. Sappiamo che il suo servizio ci costa un’ottantina di miliardi all’anno. Sappiamo che ha una tassazione privilegiata. E che ha un mercato secondario (cioè il luogo in cui si trattano i titoli comprati dal Tesoro) di dimensioni globali. Insomma lo coccoliamo in tutti i modi. Ma ci dimentichiamo spesso di sapere chi è il nostro massimo creditore.
Che sono, guarda caso, le banche italiane. Circa il 50 per cento dei titoli emessi sono nei loro portafogli. Per questo sono diventati i veri e principali azionisti della nostra politica economica e finanziaria. Sì certo: c’è la democrazia, i parlamenti, le leggi. Ma solo grazie alle banche italiane, il nostro Stato non è ancora fallito. Quando si pensa alle politiche economiche degli ultimi governi e alle mancette delle Finanziarie, si deve sempre tenere in considerazione il fatto che grazie alle banche si pagano stipendi pubblici, pensioni; insomma si evita lo chiusura dello Stato. Non è sempre stato così. Siamo passati dai Bot people ai Bot bankers.
Vediamo. Facciamo un confronto tra dicembre del 2011 (Monti appena arrivato e crisi finanziaria ai massimi) e settembre del 2013 (ultimi dati disponibili). Lo stock di titoli del debito pubblico in questo lasso di tempo è cresciuto di 132 miliardi di euro (alla faccia del risanamento), superando quota 1.730 miliardi. I privati (cioè i Bot people) sono scappati e detengono 166 miliardi di titoli, vendendone la bellezza di 73 miliardi: i risparmiatori italiani hanno in mano meno del 10 per cento dei titoli pubblici in circolazione. Anche gli stranieri hanno venduto debito italiano (meno 37 miliardi). Indovinate chi ha sottoscritto titoli negli ultimi due anni? Le banche e il loro controllore (Banca d’Italia).
In venti mesi (quelli dei governi tecnici e della crisi) le istituzioni finanziarie italiane si sono appesantite di carta della Repubblica per la bellezza di 233 miliardi di euro. Portando il loro portafoglio in titoli di Stato da 554 miliardi (dicembre 2011) a 787 miliardi (settembre 2013). Anche la Banca d’Italia si è ingozzata con 10 miliardi di titoli in più. Ma se prendessimo a paragone non dicembre del 2011, ma giugno del medesimo anno (mese in cui i più avveduti già percepivano i tremori sui paesi deboli dell’Europa mediterranea), lo sforzo della nostra banca centrale risulterebbe triplo: è passata dal detenere 68 miliardi di euro di Btp e simili ai 99 di oggi.
La morale è molto semplice. Negli ultimi due anni la Repubblica italiana ha stretto un patto con il diavolo e cioè con il sistema finanziario. Che ha comprato, nei momenti più duri della guerra finanziaria, i nuovi titoli emessi dal Tesoro e si è sostituito ai privati e agli stranieri che gettavano i Bot nel cestino. È un prezzo che stiamo pagando alle banche, che dal canto loro hanno ben donde di pretenderlo.
Manca un corollario a questa nostra costruzione. Siccome le istituzioni finanziarie italiane e coloro che le guidano non sono degli sprovveduti, hanno preteso delle garanzie internazionali. Che puntualmente sono arrivate dall’unico soggetto che poteva darle: la Bce. Il suo presidente, Mario Draghi, ha in primis prestato 100 miliardi, tra dicembre e febbraio del 2011-2012, a tasso ridotto e con scadenza triennale e poi ha assicurato che avrebbe fatto il possibile per mantenere in piedi l’euro, cioè la moneta con cui è rimborsato il nostro debito. Due garanzie fortissime.
Ricapitoliamo. Il vero azionista-creditore della nostra politica economica e dunque della nostra politica sono le istituzioni finanziarie italiane. Che senza una straordinaria garanzia bancaria europea non avrebbero potuto permetterselo. E il gioco di chi comanda in Italia è fatto. Il punto in questa situazione non è tanto quanto sia grande o costoso il nostro debito, ma chi lo detenga e dunque abbia tutto l’interesse di vederselo restituire. Ci siamo salvati finanziariamente grazie alle banche. Il punto è capire se non moriremo per pagare il prezzo del servizio reso.