La destra, Le Pen e i liberali
Cari commensali chi vi scrive non si è mai vergognato a definirsi di destra. Non liberale, cosa che mi sento essere fino al midollo. Destra era più choccante, più intrigante, più chiaro: tutti fingono di essere liberali. Magari perchè hanno letto un pensiero di Dahrendorf (Dio ce ne scampi) o qualcuno persino perchè ha sentito parlare di un certo Rawls (per carità). In America si definiscono liberal quelli che da noi si trovano dalle parti dei Parioli e di Via Madonnina e che votano Marino o Pisapia. Il cuoco si è dunque definito e si definisce di destra più che per convinzione per distinzione. Far capire in un modo semplice, chiaro, diretto di non voler esser omologato al pensiero debole dominante. Insomma un mini marchio di fabbrica.
Ora che però le cosiddette Destre (che brutto usare il plurale) si stanno affermando in Europa e in particolare con Marine Le Pen in Francia, conviene fare qualche distinzione ulteriore. Sia chiaro chi scrive non crede affatto che il Fn sia un gruppuscolo di fascisti scritariati e xenofobi. Insomma la presentazione con la quale i giornalisti italiani fanno della vittoria di Marie mi sembra un’altra volta una concessione al politicamente corretto. Si teme il FN e lo si descrive come un mostro. Per carità.
Ma sia chiaro, per arrivare da dove son partito, quella non è certo la destra a cui pensa il cuoco. Quella non è certo una destra liberale. Lo statatlismo del FN è più simile al nostro democristianismo che ad un pensiero solo labilmente liberale. Lo STato è il problema, non la soluzione. L’odio nei confrotni delle burocrazie europee è condivisibile. Ma poco importa se i soprusi verso la libera impresa, le libertà individuali, provengano da Bruxelles, dal borgomastro o dallo Stato centrale. La violazione della nostra libertà, civile ed economica, da chiunque venga fa male.
Ebbene il vento europeo nasce contro gli Eurocrati, cosa comprensibile e condivisibile, ma temo che voglia soltanto sostituirli con burocrati nazionali. Dalla padella alla brace.