Partiamo dalle cose serie. E cioè dai pettegolezzi romani sulle nomine nelle grandi aziende partecipate dallo Stato. Il barometro volge al brutto per gli attuali amministratori. Al bello invece per i loro stipendi, che non verranno toccati da Cottareli&co. Il tandem Renzi-Padoan avrebbe in animo di far fuori tutti (su Finmeccanica il discorso è più complicato, non tanto per il suo ad, ma per il suo presidente). Il motivo è semplice: o tutti dentro o tutti fuori. Ma andiamo per ordine, poiché stiamo facendo un po’ di casino.
1.Renzi vuole manager che gli debbano la nomina. 2. Renzi ha la necessità di dare un segnale di discontinuità. 3. Come per la composizione prima della direzione del suo partito e poi del suo governo, è pronto a fare molti compromessi con le altre forze politiche. Ma sono necessarie facce nuove. 4. Il più sveglio di tutti è un signore che viene dalle grandi multinazionali e dal privato come Giuseppe Recchi che complice la conoscenza del mercato (e qualcuno pensa ad una recente cena con Alberto Nagel) si è tirato fuori seccamente dalla nuova disfida politica e romana e ha accettato di andare a presiedere Telecom.
Ma c’è un vero e grande sconfitto: Confindustria. Il governo Renzi rischia di fare secca tutta la prima fila di manager a cui, riveritissimi, vengono riservate le poltroncine nobili delle relazioni primaverili di Squinzi. Confindustria oggi è di fatto governata dalle partecipazioni statali. Qualche maligno a Roma ha pure messo in relazione (ma la Zuppa non ci crede) il malumore di Squinzi e del suo vice Regina nei confronti delle prime mosse del governo a una forma di pressione per riconfermare i suoi azionisti. Roba da pazzi. Mica siamo al mercato delle vacche. E Squinzi non si presta certo a questi giochetti. Come si sa il vento del pettegolezzo è però micidiale. E in effetti Aurelio Regina, più che un imprenditore trattasi di un cacciatore di teste, certo sa valutare, da tecnico, il cambio di vento ministeriale.
Su una cosa, e ora non parliamo di pettegolezzi, si deve però riflettere. I prossimi azionisti forti di Confindustria (Eni, Enel, Poste, Ferrovie e via cantando we are happy) nei prossimi mesi saranno rappresentati da nuovi manager nominati dal governo Renzi. E sarà dunque molto interessante il modo in cui Squinzi eserciterà la sua dura e intransigente linea di critica nei confronti di un governo che attraverso le sue partecipate è azionista di rilievo proprio di Confindustria. Oggi un socio privato come Pirelli contribuisce ai costi di viale dell’Astronomia per meno di 1 milione di euro, un big player come Fiat ha sbattuto la porta, una multinazionale tascabile come Amplifon ha chiuso in tempi non sospetti i suoi rubinetti all’Assolombarda. Insomma, coloro che storcevano il naso per l’ingresso in massa dei soggetti pubblici in Confindustria proprio nel momento in cui i privati scappavano, forse qualche ragione l’avevano.