Finmeccanica va come un treno
Se uno volesse scherzare potrebbe dire che le nomine che contano in queste settimane sono due. Quella del successore di Mauro Moretti alla guida delle Ferrovie dello Stato e quella di Alvise Alverà alla presidenza dello Sci Club 18 di Cortina.
Si tratta di uno scherzo, ma non troppo. Bastava vedere la votazione e il parterre di sabato scorso per il rinnovo della presidenza del prestigioso circolo sportivo. In prima fila Paolo Scaroni, padre nobile dell’accordo e della mediazione che ha portato alla presidenza il giovane roman-leccese Amedeo Reale. Grande sciatore, ha portato a casa 220 voti su 290. Con la sua vittoria l’asse del circolo si sposta dal Veneto al Sud e l’equilibrio dello sci-club dovrebbe passare dalla vocazione mondana a quella tostarella e sportiva. Almeno a Cortina piazzano un presidente giovane.
Non si può dire che sia stato questo, si parva licet, il criterio con il quale è stato defenestrato il numero uno di Finmeccanica, Alessandro Pansa, ben più giovane del suo successore: Moretti appunto. Ma quella di Finmeccanica è una storia tutta a sé nel pacchetto di nomine che ha fatto Renzi. Il presidente è intoccabile pur non essendo donna e avendo, semmai, più un’inclinazione alle barbe finte che alle parrucche. E dunque per Finmecca non vale ciò che vale per Eni, Enel, Poste e ministero della Difesa e degli Esteri e cioè la quota rosa shoking. Sull’amministratore delegato i giochi pare siano stati fatti al momento della compilazione delle liste ministeriali del nuovo gabinetto Renzi. In quei giorni si decise di attribuire a Moretti la guida della più disastrata delle nostre partecipazioni statali e cioè Finmeccanica. Disastrata, si fa per dire. Tra le reginette la situazione è semplice. L’Eni toccava riportarla un pochino di più sotto controllo: era considerata una repubblica troppo autonoma. Che ciò si possa raggiungere con Emma Marcegaglia e con il suo cerchio sovrastrutturale di Pr è tutto da vedere. Sull’Enel la questione era finanziaria: bisogna tenere a bada quel mostro di debito che ha fatto per comprare la Spagna. E infine in Finmecca era necessario qualcuno che riportasse un po’ d’ordine nel casino che negli anni è diventata la nostra più importante azienda manifatturiera. Moretti è la persona giusta. Nei suoi otto anni di Ferrovie ha tagliato del 30 per cento i dirigenti, ha domato i sindacati, ha sbertucciato i politici che chiedevano stazioni e treni e uscirà il 15 maggio dall’azienda con il suo lauto stipendio e niente più. Cosa che nella Prima Repubblica non era esattamente la pratica comune.
Dalle parti di piazza Monte Grappa a Roma (dove ha sede la holding e dove sono piazzati i microfoni direzionali con i quali intercettare le conversazioni dei successori di Borgogni&Cola) tremano. Il ragionamento che fanno è semplice. Finmecca come Fs ha circa 65mila dipendenti, ma la prima impiega più di 2000 dirigenti, la seconda meno di 800. La cura Moretti è già scritta: troppi dirigenti. Se solo applicasse il metodo Ferrovie perderebbero il loro posto 600 super boss.
Poi certo ci sono tutte le questioni industriali di fondo: la vendita del civile, la tenuta del militare, la riorganizzazione di Selex (peggio dei treni locali, vedrete) e la partecipazione americana. Ma in azienda oggi quel che temono è la mannaia.
A proposito, Pansa, sperando di vedere lungo, si era nobilmente cancellato lo stipendio da amministratore delegato. D’altronde beccava quello da dirigente e i bonus di breve e lungo periodo. Si portava a casa, comunque, più di un milione di euro. Ma senza il suo taglietto sarebbero stati il doppio. Cosa farà ora l’uomo che a Renzi a brutto muso aveva detto di non volersi ridurre il suo emolumento da leader delle Ferrovie? Cento a uno (e giustamente) terrà botta.
Ps. I maligni dicono che Moretti, molto sicuro di sé, abbia preteso che lo succeda un uomo dall’interno. Il nome che circola in queste ore è quello di Michele Elia, il capo della rete. Uhm. Forse qualcuno avrà in queste ore (magari anche facendo una telefonata da Miami, dove si trovava a Pasqua) chiamato il presidente del Consiglio per dirgli che non è proprio elegante sostituire Moretti con l’uomo dei binari: quest’ultimo infatti era colui che doveva garantire tracce e traffico a tutti compreso alla Ntv dei concorrenti Della Valle e Montezemolo. Queste porte girevoli tra rete e treni darebbero, se ce ne fosse ancora bisogno, l’idea che le due aziende lavorano a braccetto. Anche la nomina di Arcuri, il manager che si è inventato (ops, gestisce) quel carrozzone inutile che si chiama Invitalia, è ballerina. Troppo dalemiano. Va bene la riconoscenza a baffino: ma uno basta, dicono anche all’interno del Pd.