Chi sale e chi scende in Confindustria
Il presidente della Confindustria ha dato una spruzzata di rosa alla sua squadra. Verrebbe da dire molto renziano. Ma c’è una differenza. Le donne promosse da Giorgio Squinzi nel comitato di presidenza di viale dell’Astronomia, si sono beccate delle deleghe importanti. Non solo ruoli di rappresentanza, ma competenze toste. Tre vicepresidenti donne e un direttore generale al rosa, sono un record per Confindustria. Sale Lisa Ferrarini che si prende la delega sull’Europa oltre alla vicepresidenza. La signora è una di quelle toste. Ha un bel gruppo alimentare alle spalle e sa trattare con ministri e palazzi del potere come se fosse a casa sua. A lei il sistema ha riconosciuto una parte del successo negoziale per la vittoria in Europa (da confermare) sul «made in». Le altre due donne alla vicepresidenza sono Antonella Mansi, in Fondazione Montepaschi (chi la conosce dice che non è così arrogante come sembra, ma è pur sempre una nemesi per Alessandro Profumo), e Diana Bracco. Nell’ultimo giro di nomine sale Licia Mattioli, giovane e combattiva orafa piemontese, che ha scatenato un putiferio per i tradizionalmente calmi torinesi, organizzando manifestazioni di protesta nella capitale sabauda. Una rappresentante della piccola impresa viene piazzata da Squinzi alla guida del comitato tecnico per l’internazionalizzazione, che raggrupperà le deleghe anche dell’attrazione dei capitali stranieri in Italia. Roba forte. È un segnale interessante affidarlo a una piccola imprenditrice.
Il comitato di presidenza passa dunque da 21 a 16 membri, quasi ad anticipare la riforma Pesenti (che entra in comitato con la delega agli studi).
Ma la vera metamorfosi di Squinzi è il sapore manifatturiero della nuova squadra, l’azzeramento della presenza delle imprese pubbliche in comitato e la rottura dei rapporti con il «romano» Aurelio Regina. Escono dal comitato Conti per l’Enel, Recchi per l’Eni e Sarmi per le Poste. La nuova Confindustria dopo due anni è più simile a ciò che voleva il chimico e lombardo Squinzi. «Regina – dicono da quelle parti – ha contribuito molto all’elezione di Giorgio. Ma alla fine ha vinto per sei voti e tutti potranno sempre dire di avere dato il voto definitivo. Va bene la riconoscenza, ma Regina si era messo in testa di fare il presidente ombra di Confindustria e non c’è riuscito». L’ultimo discorso fatto in giunta da Regina è sembrato un programma politico-elettorale per la prossima presidenza. I giochi come sempre partono in anticipo. Regina-Abete ci proveranno. Anche se sulla carta oggi il promesso sposo si chiama Rocca, a capo della potente Assolombarda. Dalle parti di viale dell’Astronomia fanno notare (non ci crederete) che però il pallino sarà in mano ad Emma Marcegaglia e al suo fido Macchianera (copyright di Stefano Livadiotti e riferito all’assistente Arpisella, che il cuoco avrebbe voluto conoscere meno bene): i due in prospettiva disporranno di un pacchetto di voti niente male. Quello tradizionale della ex presidente della Confindustria a cui si sommano i sei voti dell’Eni, di cui ha recentemente agguantato la presidenza.