Pronti al nuovo risiko bancario
Tra poco inizia, ma lá dove uno se lo aspetta meno. Stiamo parlando di un nuovo risiko bancario all’italiana. Per ora c’é una febbre da aumenti di capitale che sta investendo il sistema creditizio italiano. L’occasione é buona, il mercato oggi é favorevole. Mario Draghi si é messo a dare una mano. Ma la scusa é altrettanto buona: gli aumenti di capitale, si legge, sono da fare in relazione ai nuovi requisiti patrimoniali che sono imposti dalle autoritá di vigilanza europee. Persino la Deutsche Bank si é mossa per un aumento monstre. Che male c’é se a farlo sono anche la Popolare Emilia Romagna o la Carige, la Vicenza o il Monte dei Paschi? La realtá é che dietro a questi aumenti di capitale ci sono conti economici che non girano per il verso giusto. Semplifichiamo: molti prestiti fatti a imprese che non hanno intenzione o la forza di restituirli. Dunque, dietro il paravento dell’Europa si nasconde un problema strutturale delle nostre banche: solo alcune di esse.
La fase due non potrá che essere quella delle aggregazioni. Parliamo fuori dai denti (e siamo certi che domani arriveranno le smentite e le precisazioni di rito): ma veramente qualcuno crede che la scalata lanciata dalla Popolare di Vicenza sulla Popolare Etruria, per un valore pari a circa la metá del patrimonio della banca obiettivo, sia qualcosa di diverso da un salvataggio?
Ferme restando le due reginette, Unicredit e Intesa Sanpaolo, tutto il resto é in movimento. Queste due hanno come tutti gli istituti di credito il problema degli incagli, a cui sommare la necessita di ridurre il numero di filiali, oggi decisamente in esubero. Per loro non é proprio il momento di M&A. Dicevamo che tutto é in movimento. Le aggregazioni si faranno tra simili. Dal caso Bipiemme in poi, in pochi si azzardano ad avvicinarsi a una Popolare. Hanno una governance tale che si possono annusare solo tra simili. Difficile dunque pensare a grandi operazioni in questo campo. Veneto Banca, Etruria, Vicenza e anche Bipiemme, solo per citarne alcune, avrebbero bisogno di partner e li cercano: ma solo all’interno del loro ristretto giro.
Il processo di consolidamento paradossalmente riguarderá operazioni di maggiore taglia: e in particolare Mps, la terza banca italiana, e Carige. Entrambe sono societá per azioni, entrambe alle prese con aumenti di capitale ed entrambe oggetto di un vortice di attenzioni anche internazionali. Diciamo subito che il tam tam del mercato dà, come operazione piú probabile, quella che riguarda la ligure rispetto alla tosta toscana. Nonostante proprio Mps sia oggi, relativamente a Carige, considerata piú a buon prezzo. Ma digerire un mostro come la banca senese, non é cosa da tutti. Piú facile rivolgere le attenzioni a Carige. Capitalizza meno di 2 miliardi (post aumento) e ha un utile atteso sui 150 milioni tra un paio di anni. I prezzi in Borsa sono tirati, ma come dicevamo, la sua taglia é alla portata. Sospettati di un possibile interesse alcuni gruppi stranieri, gia presenti in Italia, ma con la voglia di fare un salto di qualitá. Ecco i nomi e cognoni: i francesi dell’Agricole con la loro controllata Cariparma e, piú difficile, i tedeschi di Deutsche Bank. Carige porterebbe loro in una regione in cui sono scarichi, e post aumento di capitale parte dei casini del passato potrebbero essere risolti. Si tratta di una scommessa e non é detto che se la vogliano giocare.
Piu dura da digerire la Mps, ma paradossalemnte é messa meglio. Sono stati fatti accantonamenti su crediti inesigibili al 40 per cento. Cifra niente male. Ma soprattutto il cospicuo portafoglio di Btp é rimbalzato; quello che era un problema per la banca guidata da Fabrizio Viola ora si potrebbe rivelare un vantaggio. Per di più, non ancora completamente prezzato dal mercato. L’indiziato numero uno c’é. Ed é la solita Bnl-Bnp Paribas.
D’altronde post aumento di capitale, Mps diventerá un vera public company. E i francesi la corteggiano, tra alti e bassi, da tempo. C’é un solo problemino, in realtá un macigno. E si chiama Usa. America.
Le autoritá di vigilanza a stelle e strisce vorrebbero multare la banca francese per 10 miliardi di dollari per aver intrattenuto rapporti commerciali con alucni Paesi in black list. Una multa pari agli utili di un anno, e che mortificherebbe, c’e da scommetterci, le velleitá di espansione della banca francese. Vedremo.