L’eni e la telenovela Descalzi
Domenica scorsa è successa una cosa meravigliosa. Repubblica si è data allo humour e per di più in prima pagina: «Descalzi: mai preso tangenti. All’Eni decideva tutto Scaroni». La barzelletta ovviamente non è questa.
Ci mancherebbe altro che il nuovo boss dell’Eni ammettesse di aver preso tangenti. E fino a prova contraria fino a ieri comandava il suo predecessore e cioè Scaroni. Come oggi comanda il suo successore e cioè Descalzi. Che poi in un’azienda con cda, comitati, governance complessa, revisori, Borsa, azionisti forti e ammennicoli vari, decida un uomo solo è sintesi un po’ forzata. Che peraltro non appartiene neanche al testo letterale della conversazione che Descalzi si è regalato a Milano con Gad Lerner, l’incaricato della pagina umoristica. No, la barzelletta è un’altra. Vi consigliamo, se non lo avete fatto, di trovare l’integrale dell’intervista da qualche parte. Nessuna sintesi può rendere lo humour di un testo completo. Qualcuno di voi saprebbe riassumere, rendendo la medesima ironia, le faccende di Jeeves?
La barzelletta è scoprire che il boss dell’Eni è così fragile. Per i lettori di Repubblica è lì che piange con Gad. Ha il groppo in gola e il fazzoletto nel taschino. Lui nella sua casetta in «semiperiferia», con gli uffici nella palazzina sfigata dell’Eni, lui, probabilmente anche senza carta di credito aziendale, non ce la fa più a reggere questa incresciosa situazione in cui si è venuto a trovare. Che poi sarebbe un’inchiesta appena imbastita: manco un rinvio a giudizio. E per di più con l’azionista, cioè Renzi, che si alza in Parlamento e lo difende pubblicamente. Eppure Descalzi piange, è distrutto per venire associato, pensate un po’ voi, al suo predecessore e a Luigi Bisignani. Vi ricordate Stupori e tremori ? È un magnifico libro di Amélie Nothomb che descrive lo stato d’animo di un’infima impiegata di una grande società giapponese. Ecco dobbiamo credere che Descalzi nei suoi trentatré anni all’Eni, nella sua direzione delle operazioni di esplorazione, nei suoi sontuosi e più che giustificati stipendi, con quell’aria a metà strada tra Cottarelli e Yul Brynner continui a stupirsi e tremare. A essere simile a quell’impiegata della Nothomb, che trema al solo incedere del capo. Ma fateci il piacere.
Gad Lerner ha una caratteristica unica: conosce i ricchi come pochi. Sa qual è la differenza ad esempio tra una casa a Saint Moritz e una a Silvaplana. Conosce le quotazioni di Cortina. E traccia una linea di coolness nei quartieri di Roma, per non parlare di quelli di Torino. Ebbene scopriamo che a differenza di Scaroni (ricco, cattivo e parte di un giro poco raccomandabile) Descalzi «risiede in un modesto appartamento in semiperiferia»; il comico, cioè Gad, non può però non notare che il nostro eroe pur avendo una casa così sfigata, rispetto ai lussi di Scaroni, «ha da poco comprato una casa a Londra». E qua riprendiamo a piangere. Ma come si fa a essere così poco pettinati: una casa in semiperiferia a Roma e solo da poco una a Londra? Ma diavolo di un cicisbeo, questo sì che è un leader sobrio e montiano di azienda pubblica. D’altronde ci ricorda, sempre con la voce rotta dal pianto, lo stesso Descalzi : «A differenza del mio predecessore guadagno bene, ma non sono né miliardario né milionario». Casa in semiperiferia, un quartierino acquistato a Londra solo da poco e non è neanche milionario. La medesima Repubblica un paio di anni fa (precisamente il 6 aprile del 2012), evidentemente meno impietosita dalla triste condizione del manager, ci ricordava che i suoi compensi per l’anno 2011 erano pari a 2,55 milioni. L’ultimo bilancio ci dice invece che nel 2013 ha incassato 2,88 milioni lordi. Ma questo diavolo di Descalzi come li investe i suoi sudati quattrini? Pur ammettendo che nei restanti trent’anni anni di carriera all’Eni abbia lavorato gratis possiamo dire che gli sono bastati un paio di annetti per diventare milionario. Ed è giusto che sia così. Mentre Scaroni e il suo giretto facevano affari, Descalzi mica si girava i pollici. E probabilmente non piangeva neanche. Dopo Cao, il mitico uomo dei buchi (petroliferi) dell’era Mincato, è diventato l’uomo più importante dell’azienda: la gran parte del fatturato dipendeva da lui. Una nomina che non sembra essere stata fatta direttamente dallo Spirito Santo.
Ci sono almeno un paio di indizi che ci devono far pensare che il boss dell’Eni sia sotto stress. Il primo è facile da intuire: parlare con Lerner con la «voce spezzata dal pianto» non è raccomandabile per un signore che deve portare a casa ogni anno più di 100 miliardi di fatturato. In mercati non sempre semplici e con scelte strategiche da far tremare i polsi oltre che la voce. E poi quella frasetta buttata là «Da mesi non prendo più le chiamate di Scaroni, qui dentro sto cambiando tutto». Non prende le chiamate ma pare che accetti gli inviti a cena: un tavolo per pochi. Compresa sua moglie congolese Madò. Lo stress evidentemente gioca brutti scherzi alla memoria. Quella di breve, brevissimo periodo.