Marchionne fa il furbetto
Sergio Marchionne, il numero uno della Fiat, non può esagerare. Ieri il boss del gruppo un tempo del Lingotto, ha presentato i conti e una serie di operazioni finanziarie del tutto inattese. Ad essere buoni, si può dire che ha giocato un po’ troppo spudoratamente con il mercato e con i suoi annunci. Vediamo.
La prima notizia riguarda il debito. A dispetto del consenso generalizzato esso è superiore alle attese della bellezza di un miliardo. Il momento è quello che è. Metteteci tutte le giustificazioni che volete, ma il quadro è semplice. La nuova fiat appena quotata a Wall treet (Fca) vale circa 10 miliardi di euro e ha un debito superiore agli undici. Come vi sentireste se foste in questa condizione?
Marchionne non è stato limpido su due aspetti più specifici: il primo sulla quotazione della Ferrari, che avverrà, e il secondo sull’inutilità di un aumento di capitale della nuova Fiat, che ci sarà.
Partiamo dal cavallino. Nel nuovo piano essa verrà scorporata dalla Fiat e una parte (il 10 per cento) sará quotata in Borsa. Alla fine dell’operazione la famiglia Agnelli (attraverso la loro finanziaria Exor) deterrà direttamente circa il 25 per cento della Ferrari, senza passare più per Fiat. Insomma il gioiello della corona verrà sfilato dalla Fiat-Chrysler con uno spin off e farà emergere valore finanziario che oggi la Borsa evidentemente non leggeva. Ecco perché ieri i titoli sono balzati. A voler essere terra terra e maliziosi si potrebbe pensare che si è voluto separare il grano dal loglio, le supercar dalle indebitate utilitarie. Tutto più che lecito, forse si poteva preparare un po’ meglio il mercato.
Ma il vero colpo di scena riguarda il nuovo titolo convertendo (mandatory convertible) da 2,5 miliardi di euro e i cui dettagli finanziari e di durata verranno resi noti piú avanti. Alla fine della sua vita i possessori di questo convertendo si troveranno in mano obbligatoriamente azioni e dunque diventeranno soci della Fca. Ebbene come si chiama un’operazione di questo tipo, se non aumento di capitale, sia pure mascherato dietro ad un inziale prestito che poi si trasforma in azioni. A casa nostra la Fiat ha lanciato un gigantesco aumento di capitale che rappresenta il 25 per cento della sua capitalizzazione di Borsa.
E su questo aspetto il management del gruppo era stato tranchant: nessun aumento di capitale é all’ordine del giorno.
Marchionne ha giocato fino ad ora un po’troppo con gli annunci e le parole. Aveva promesso un fantasmagorico piano di investimenti Fabbrica italia, che poi non é stato realizzato; ciclicamente presenta nuovi business plan con obiettivi ambiziosi e ora, con quello da 50 miliardi di investimenti al 2018 e il rilancio dell’Alfa Romeo, è atteso alla prova della verità. E sempre Marchionne proprio ieri clamorosamente smentisce il consenso che gli analisti si erano costruiti sui futuri assetti di Fca. I mercati hanno la memoria lunga, piú lunga di quella dei giornali, conviene non prenderli troppo di petto.