La responsabilitá dei magistrati e l’economia
Se si volesse guardare con un approccio economico il disegno di legge sulla responsabilità civile dei magistrati, si dovrebbe dire che non si tratta certo dell’abolizione dell’articolo 18 della giustizia italiana. Non è una grande vittoria simbolica, al contrario di quanto il Jobs act ha rappresentato per lo Statuto dei lavoratori. Dal punto di vista tecnico è un altro discorso: con la vecchia legge Vassalli in 25 anni sono stati condannati per responsabilità civile solo 5 magistrati. I giuristi ci potranno spiegare per ore la bontà o il danno che la nuova norma comporterà alla categoria dei magistrati. Ed è ciò su cui si stanno esercitando in queste settimane. L’economista si dovrà occupare degli eventuali benefici che ne potrà avere il nostro sistema economico. Ebbene: la nuova norma che prevede un diaframma meno spesso tra danno e condanna, non servirà ad un accidente dal punto di vista strutturale. Non saltate sulla sedia. Certo, c’è un referendum (sacrosanto e promosso dai radicali in piena forma) disatteso da trentanni. Certo, il principio di responsabilità non si vede perché debba avere un affievolimento così forte per una categoria di dipendenti pubblici. Siamo ben felici che sia passata. E nel tempo vedremo la sua efficacia. Ma c’è da chiedersi. Se nei prossimi cinque anni (in modo un po’ ridicolo, si è subito detto che si farà un tagliando, quasi avendo paura della mano che ha gettato il sasso) si dovesse assistere ad un boom di risarcimenti, avremmo solo per questo migliorato il sistema della giustizia in Italia? Avremmo soddisfatto (molto parzialmente) la legittima voglia di rivalsa di chi ha subito un danno (difficile ad esempio che si possa concretamente applicare all’ingiusta carcerazione preventiva). Meglio di niente, per carità. Ma non avremmo contribuito a far sì che il medesimo danno non si ripresenti in un futuro recente. E ancora: la minaccia di un risarcimento è sufficiente a limitare comportamenti border line dei nostri magistrati? La logica per la quale l’inasprimento delle pene (sulla carta) porta a comportamenti più virtuosi, può veramente valere per il miglioramento della nostra giustizia? Ne dubitiamo.
Un agente economico razionale darebbe uno schiaffettino al suo dipendente che vuole più efficiente o dal quale vuole una rivoluzione nel comportamento? In effetti esiste un articolo 18 anche per la riforma della giustizia: e si chiama separazione delle carriere. La riforma di ieri può essere un passo avanti. Ma che non sfiori a nessuno per l’anticamera del cervello che queste norme rendano il nostro processo accusatorio più equilibrato: saneranno, se va bene, qualche macroscopica ingiustizia. E per di più, dopo che essa ha manifestato tutti i suoi effetti distruttivi: dal fallimento dell’azienda al carcere ingiusto, magari preventivo. Di storico questo passaggio, per parafrasare il ministro Orlando, ha solo il tempo passato per applicare la volontà espressa dai cittadini in un referendum radicale.