Dalle contravvenzioni per chi fuma in auto al balzello sui libri sociali fino al caso Saipem: boiate a ripetizione

A PROPOSITO DI SEMPLIFICAZIONI
Con il decreto legislativo numero 6 dell’anno di grazia 2016 il governo all’articolo 24, comma 2, ha decretato il divieto di fumo in macchina se presenti minori o donne incinta.
Per chi scrive, si tratta di una boiata pazzesca, ma quel che vogliamo raccontare in questa zuppa sono le complicazioni che ne nasceranno. Primo aspetto fondamentale gli agenti dovranno pizzicare il fumatore mentre spippazza. Zac. Lo scrutano al semaforo o in corsa e lo fermano. A quel punto iniziano i guai. Dov’è la sigaretta? È lecito procedere alla perquisizione dell’autovettura. Posto che la giurisprudenza è abbastanza unanime nel definire l’autovettura una cosa e non una privata dimora, nel quale ultimo caso tutto sarebbe ancora più complicato. Alcuni sostengono invece che poiché la norma fa riferimento ad una legge del 1981, potrebbe essere necessario, ai fini della perquisizione e dunque per recuperare la cicca fumante, l’autorizzazione motivata di un magistrato. Ma, ci si chiede, come dimostrare che il mozzicone è caldo di fumata appena fatta? Appare dubbio che la sola permanenza di una cicca in macchina sia proibita.
Nel frattempo, immaginiamo gli infanti e le donne incinta, in mezzo allo smog, durante la compilazione del verbale. Negli atti di accertamento, e ciò ci rincuora, sono comunque previste riprese fotografiche che possano testimoniare il malfatto. Ovviamente si dovrà tenere in debito conto la privacy dei trasportati, a maggior ragione se minorenni. Si arriva dunque al verbale: occorre identificare i danneggiati dal comportamento delittuoso. E se la donna incinta, ammettesse di essere solo pingue? E i minorenni come identificarli? La norme ci aiutano in fatto di peso delle testimonianze. In buona sostanza la parola del fumatore vale meno di quella dell’agente. Dunque se quest’ultimo dice che si stava fumando in macchina e che nell’auto c’era una categoria protetta, non c’è parola che tenga. Anche se il fumatore producesse un eventuale testimone a sua favore. Ovviamente questo vale se si ferma subito l’auto incriminata e si redige immediatamente un verbale. Altrimenti tutto cambia: sono possibili ricorsi su ricorsi. Non sono ancora stati inventati i fumavelox, che con la prova fotografica inchiodano il reo. E anche se esistessero dovrebbero scattare una foto panoramica con il fumo che esce dalla bocca, il reo che gode della sua sigaretta, e i minori affumicati. Complicato. Il tutto ovviamente potrebbe assumere un tono ancora più farsesco se l’ufficiale accertatore redigesse il verbale, con sigaretta in bocca e pistola nella fondina.

A PROPOSITO DI RIDUZIONE DI TASSE
Se c’è una tassa anacronistica e che proprio si può considerare medievale è la «tassa di concessione governativa per la vidimazione dei libri sociali». È uno di quei balzelli che si pagano tutti gli anni, per il solo fatto di esistere. Tutte le società di capitali, dalla Fiat alla Rossi Vincenzo srl, sono tenute a pagarla. Il suo importo è bizzarro e pari a 309,87 euro a prescindere dal numero di libri o registri tenuti e dalle relative pagine. Solo nel caso che il capitale della società superi i 516.456 euro e 90 centesimi, si è tenuti a pagare questa imposta forfettaria nella misura di 516,46 euro. Sono tutti tenuti a pagarla entro il 16 marzo. Non all’inizio dell’anno, non alla sua fine: devono compilare un bel F24 nel primo trimestre dei propri affari. Solo le coop la svangano e si risparmiano il balzello. Non si può definire odioso per un solo motivo: in pochi si accorgono di pagarlo. A

PROPOSITO DI PRIVATIZZAZIONI
Come ha scritto bene ieri su questo giornale, Marcello Zacchè, la pubblica Cassa depositi e prestiti ha bruciato la bellezza di 463 milioni di euro nel suo investimento del 12,5% della Saipem. Così in un soffio, nel giro di pochi mesi. Abbiamo il fondato sospetto che qualcuno dalla parti della Cassa o del governo possa dire che si trattava di una cosiddetta «operazione di sistema». E cioè il salvataggio di una storica impresa italiana (Saipem) che altrimenti sarebbe finita in mani estere e rapaci. Non vogliamo entrare ora nel merito di questa valutazione di politica economica, la faremo un’altra volta. Ma occorre ricordare chi guida oggi la Cassa depositi e prestiti. Il presidente si chiama Claudio Costamagna, per i più resta un grande banchiere d’affari. Proprio di quella Goldman Sachs, dove ci passa quasi una ventina di anni, a cui abbiamo affidato metà delle privatizzazioni di questo paese.
Sarebbe singolare pensare che proprio il vecchio banchiere di Goldman ci spieghi dell’importanza nel mantenere in Italia aziende in difficoltà, dopo che ha costruito la sua carriera, e legittimamente il suo portafoglio, vendendole all’estero. Amministratore delegato è un altro ottimo e giovane banchiere: Fabio Gallia. Che prima di Cassa, lavorava per una banca francese che ha comprato in Italia la storica Bnl. Gallia sa bene come un’acquisizione di una banca come Bnl da parte dei francesi, non ne abbia compromesso il suo futuro. O no? Siamo certi che questi due validi banchieri non ci racconteranno la storia dell’italianità. Certo non potranno dire che quello di Saipem sia stato un buon investimento. Sono certo che non penseranno di recuperare il valore nel giro di poco e lo vedremo nel prossimo bilancio. Ho qualche dubbio che ci sveleranno quale è stato il vero motore di questo bagno di sangue.

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