Un decreto del Jobs Act ha istituito una procedura telematica per lasciare il lavoro. Servono pin Inps e credenziali di accesso a un sito: un’altra gimkana burocratica

Ogni governo da una parte proclama la necessità di disboscare gli adempimenti e dall’altra immancabilmente li introduce.
Anche se le tanto declamate riforme di Renzi, un qualche tic incasinatore lo contengono sempre.Prendiamo il famoso Jobs Act e incrociamo le dita sulla recente riforma degli appalti. Oltre a superare il macigno articolo 18 sui licenziamenti, avrebbe dovuto semplificare il mercato del lavoro. Tutti ci spiegarono che sarebbe stato così. Ma il 12 marzo del 2016 è arrivato e ve la facciamo semplice: da quel giorno in poi dimettersi (in un mercato in cui è più facile licenziare) diventa una gimkana burocratica. Il fine, siamo così bravi e buoni, è quello di combattere i cosiddetti licenziamenti in bianco. E cioè la brutta pratica di assumere un tizio e nel contempo fargli firmare le dimissioni in bianco. Come sempre chi ci governa pensa che per bloccare un fenomeno di nicchia si debbano imporre a tutti oneri diffusi. Una logica pazzesca: si legifera pensando alle possibili patologie di un mercato, invece che ragionando sulla sua normalità.Ma torniamo al nostro caso. A metà dicembre un decreto ministeriale ha attuato il decreto legislativo titolato «Disposizioni di razionalizzazione e semplificazione delle procedure e degli adempimenti a carico dei cittadini e imprese». Semplificazioni solo nel titolo. Viene istituita una procedura telematica per comunicare le dimissioni volontarie del rapporto di lavoro. Chi si vuole dimettere potrà farlo solo inviando un modulo alla posta certificata del proprio datore di lavoro. Il lavoratore deve però prima chiedere un Pin all’Inps (una passeggiata di salute) e le credenziali di accesso al portale Cliclavoro per poter entrare nel sito del ministero del Lavoro. Una volta entrato, dovrà compilare un modello online con alcuni dati identificativi, in particolare per i rapporti di lavoro instaurati a partire dal 2008 e quelli relativi alla comunicazione obbligatoria di avvio/proroga/trasformazione o rettifica più recente. Il modulo compilato e salvato sarà associato ad un codice identificativo e ad una data. A questo punto sarà trasmesso dal ministero alla posta certificata del datore di lavoro e alle Direzioni territoriali del lavoro. I burocrati che si inventano queste procedure pensano che il loro sia il migliore mondo possibile, efficiente e senza ritardi, dimenticando che le medesime procedure sono invece pensate perché il mondo di fuori (cioè quello dei privati) sia invece il peggiore possibile. Provate ad immaginare quanti piccoli e fastidiosi problemi si porranno per dipendenti e imprenditori. A cominciare dai tempi per l’assegnazione del Pin e delle credenziali di accesso ai portali governativi fino alla complessità dei dati richiesti al lavoratore per compilare il modulo di dimissioni. La nuova legge, poi, non dà risposte al caso dei lavoratori che, senza inviare il modulo telematico, non si presentano più al lavoro. Mistero anche su come gestire, dal punto di vista retributivo, il periodo di preavviso e l’eventuale revoca delle dimissioni. Come considerare, poi, alcuni casi particolari come il collocamento in pensione e le dimissioni durante il periodo di prova? Buio totale anche sulle conseguenze della mancata lettura del modulo da parte del datore di lavoro.Quando un potere pubblico vi racconta che vuole farvi un favore, scappate a gambe levate. L’unica soluzione è rendere burocrazia e Stato meno invasivi. Il resto sono chiacchiere come i titoli delle leggi sulle supposte semplificazioni.

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