L’unica strada: meno tasse
Il futuro del continente dopo il Brexit. La realtà è che la finanza propriamente detta ha tutto da perdere da confini e dogane: ama la globalizzazione e la libertà degli scambi.
Ieri era un coro unanime sulla stampa italiana: Brexit sarà un disastro, per noi italiani, per loro inglesi, per tutti.
A titolo di esempio bastava guardare il sito del Corriere della Sera: «Scozia pronti a bloccare l’uscita dalla Ue» e ancora «Si rivoti, raccolte tre milioni di firme», della serie se perdo, porto via il pallone. A seguire: «Nella roccaforte operaia si chiedono: che cosa abbiamo combinato» e poi «Gli expat italiani, ora non ci sentiamo più i benvenuti», dal sottotitolo: tutti pentiti, ma anche un po’ più razzisti. E infine: «La previsione di Soros, inevitabile una disintegrazione della Ue». Un bollettino di guerra, dove vale tutto, anche il giudizio di uno speculatore noto proprio per aver provato a disintegrare la Ue. Fantastico che oggi ci rifili la predica moralista e stupendo che il Corriere della Sera, dopo Repubblica, lo utilizzi come un maitre à penser.
La realtà è che la finanza propriamente detta, cioè l’industria delle banche, dei fondi, dei trader (quella tanto odiata, fino a ieri, dal pensiero unico) ha tutto da perdere da confini e dogane: ama, come chi scrive, la globalizzazione, la libertà degli scambi. Che sono tipicamente immateriali, e solo le barriere giuridiche e fiscali possono scoraggiarli.
Invece di piangerci addosso e convocare e auspicare vertici in cui si riaffermi la solita pappa della maggiore integrazione, il governo italiano ha una strada spianata davanti a sé. Si batta come un leone per infilarsi nel varco, ormai lasciato libero dagli inglesi. Imiti le ragioni del loro successo come piazza finanziaria. Ascolti meno Davide Serra, che vuole piazzare i suoi traballanti fondi (in gran parte alle Cayman) e dia retta a quei pochi finanzieri che al contrario hanno resistito con le loro boutique a Milano. Una pattuglia coriacea tramortita da Mario Monti quando introdusse in Italia, praticamente unica in Europa, una tassa sugli scambi finanziari (la famigerata Tobin Tax che ha distrutto un’industria e comporta un gettito ridicolo sui 300 milioni annui). Il governo invece d piagnucolare ritorni sui suoi passi e riduca le tasse, recentemente alzate, sulle rendite finanziarie. Annulli gli incrementi dei bolli sui conti correnti.
Insomma davanti a noi abbiamo un’opportunità, cogliamola. È contraddittorio il fatto che il governo sia in accordo con la finanza internazionale (da Hsbc a Barclays) per combattere Brexit, ma dall’altra non faccia gioco di squadra con la nostra finanza per cercare di portare in po’ di lavoro nella city milanese. Difficile credere che i grossi affari si spostino da Canary Wharf a Via Mike Bongiorno (la sede a Milano di Hsbc e dei nuovi grattacieli), ma può essere l’occasione buona per rendere più competitivo il nostro Paese.