Se per avere l’identità digitale servono tre documenti cartacei
Senza l’invio in formato analogico l’iter per ottenere lo Spid si blocca.
Questa ve la voglio raccontare. Giovedì sono andato ad un convegno di Facebook. Si parlava ovviamente di digitale in tutte le sue forme. A metà giornata ho intervistato il ministro Madia, che di digitalizzazione della pubblica amministrazione è responsabile.
È stata molto convincente. E soprattutto all’ampia platea di smanettoni ha spiegato cosa fosse lo Spid. Non si tratta di una nuova droga, ma del Sistema pubblico di identità digitale. Una specie di carta di identità digitale che ti permette di fare tutto da casa con il tuo computer. Tutto, che? Boh. Ma suona bene. La voglio.
Tornato a casa, giovedì pomeriggio, mi sono messo all’opera. Ci sono vari modi per averla, ma solo uno senza presentarsi fisicamente davanti a colui che te la rilascia. È ciò che fa per me, penso. Il sistema si chiama InfoCert. E c’è scritto che costa 15 euro. Inizia una piccola odissea. Ovviamente bisogna registrarsi, inventarsi un Id e la solita password da settimana enigmistica. Non la fate semplice. Vi dicono che ci vogliono 15 minuti, ma il sistema si blocca ad ogni passo. Nel senso che non va avanti la registrazione. Compili i moduli di una pagina e poi clicchi procedi, ma non si procede. E poi riprovi a registrarti e ti dà segnali di errore. Insomma un casino.
Un po’ esasperato prendo Twitter, che è una roba digitale, ma molto più semplice, e scrivo: «Gasato da #fed2016 sto cercando da mezz’ora di registrarmi su @InfoCert_it. Impossibile. Se penso a mia nonna, fate ridere». InfoCert, che di digitale vive, mi risponde e prova a ricontattarmi. Ammetto che sabato e domenica non mi occupo di Spid. Ma all’ennesima, premurosa e professionale, mail di Infocert riprendo la procedura di registrazione lasciata a metà tra giovedì e venerdì mattina. Intanto scopro che mio Id e mia Password, a dispetto di quanto dicesse il sistema due giorni prima, funzionano. Sono soddisfazioni.
Provo a continuare la registrazione. Ma tac, al passo tre, quello che mi richiede altri dati personali si blocca. Piccato mando mail ai nostri amici, che tra le altre soluzioni mi consigliano di cambiare browser internet. In effetti ci potevo pensare io (per mia nonna è un po’ meno intuitivo), anche se quello che avevo usato è Microsoft edge ed è appunto l’ultimo sviluppato da Microsoft, mica da mia nonna. Vado su Firefox (è un altro browser) fatto da softwaristi indipendenti. Wow, funziona. In pochi passaggi mi registro. Il sistema diceva che ci avrei a questo punto dovuto impiegare sette minuti e così più o meno è stato. Ad un certo punto mi fanno cliccare sui consensi: si aprono volumi di consensi, che, ammetto, non leggo. Uno dei manuali è composto dalla bellezza di 46 pagine.
Bene. Mi chiedono a questo punto di pagare. Sono pigro e, come detto, non voglio andare de visu a farmi riconoscere per ottenere lo Spid che ancora non ho ben capito a cosa mi servirà. Per un motivo simile ho preso la tessera delle auto Enjoy e non di Car2go: per ottenere la prima si fa tutto su internet, da casa. Per la seconda ci si deve presentare nei loro uffici. Mi chiedono 15 euro e valgono la mia pigrizia. Procedo al pagamento e scopro che diventano 18, ci saranno tasse e commissioni. Chissene, ma la prossima volta dite 18. Mi fate firmare centinaia di carte, che io non leggo, per fare i fenomeni rispettosi, fatelo anche quando devo pagare: 15 non è 18, che rappresenta il 20 per cento in più. Li pago volentieri, ma non prendetemi per i fondelli.
Pagato, inizio a testare la telecamerina sul pc. InfoCert lo fa per me: a prova di nonna. Perfetto. Intanto nella mia registrazione avevo mandato la copia elettronica della mia carta di identità. Non solo: avevo compilato tutto il modulo con i medesimi dati che avevo fornito in elettronica. Non solo: quel modulo, a differenza di quelli più evoluti, ti obbliga a mettere / tra una cifra e l’altra quando indichi la data di nascita o la data di rilascio e scadenza di un documento. Nei siti più evoluti non c’è bisogno dello slash te lo mette il sistema, e risparmi preziosi secondi nel compilare questa palla dei moduli. Vabbè, ma chissene. Anche i sistemi digitali possono essere burocratici o meno. Avete mai provato quello di Alitalia: nel menù a tendina, il primo paese è l’Azerbaijan. In qualsiasi menù a tendina intelligente il primo paese è quello del paese del residente, nel nostro caso Italia, di modo che non ti faccia scrollare tutte le nazioni. Così come per arrivare alla Millemiglia, si passa per decine di altre carte fedeltà.
Ritorniamo al nostro Spid. Riesco magicamente a connettermi via Pc con una addetta di Infocert. Fantastico. Non ci posso credere: questo è il futuro. Da casa, con un pc fai tutto. Mi chiede se ho la carta di identità che le ho inviato in digitale, con me. Fortunatamente è così. Pfiuuu: è passata.
Ho cantato vittoria troppo presto. «Mi faccia vedere la sua carta sanitaria». Ma non ce l’ho. «E il suo codice fiscale, il tesserino bianco e verde?». Ma chissà da quanti anni l’ho perso. Anzi vorrei dire che ho fatto richiesta dello Spid per ottenere proprio i due tesserini di cui lei parla e che non ho più.
Ovviamente non si può andare avanti, Niet. Io conosco a memoria il mio codice fiscale, e chiunque lo può ricostruire via internet, eppure il suo tesserino è fondamentale per completare una procedura che ti permetterà di avere un’identità digitale. Sapete che c’è di nuovo: andate tutti a farvi fottere.
Sì avete capito bene. Ho diciotto euro di meno. Non ho la tessera sanitaria e neanche il codice fiscale. E non avrò lo Spid. Ho una vecchia carta di identità cartacea. E con la pubblica amministrazione voglio avere a che fare il meno possibile. E la prossima volta che incontro la Madia, mi faccio spiegare da Lei per quale dannato motivo per avere un documento digitale, devo presentarne tre analogici. Sono certo che mi daranno una risposta che passerà indenne al vaglio del Tar e del Consiglio di Stato.