Certa stampa laica, che per anni, ci ha rotto le scatole sull’ingerenza della chiesa in politica, quando si parla di Acerra smette di essere indignata.

La storia del termovalorizzatore di Acerra è emblematica non solo del pregiudizio antindustriale italiano ma anche di come troppo spesso i sacerdoti non facciano i sacerdoti.
Certa stampa laica, che per anni, ci ha rotto le scatole sull’ingerenza della chiesa in politica, quando si parla di Acerra smette di essere indignata.

Il vescovo di Acerra, più noto per le sue battaglie sociali che per i suoi sermoni religiosi ha scritto una lettera al ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti, alla società che gestisce l’impianto di Acerra, la A2A, alla Regione Campania ed al sindaco di Acerra, Raffaele Lettieri: «Dispiace dirlo – ha scritto Di Donna nella lettera pubblicata sul sito della Diocesi – ma lo studio del Cnr, rimane ancora uno studio di parte: da chi è stato finanziato? Con quale partecipazione di esperti provenienti dalla cittadinanza di Acerra? Ancora una volta il modo di affrontare il problema non convince». «Qui non si tratta di opposizione pregiudiziale e ideologica – ha proseguito – ma del bisogno di fare chiarezza con quella operazione-verità necessaria a recuperare fiducia. La gente muore e non sa perché e continua a non essere partecipe». Il riferimento è un recente studio scientifico targato Cnr (che non è proprio un’istituzione di parte, anzi lo è meno di una diocesi) e realizzato da due università (il Politecnico di Milano e l’Università di Salerno) e pagato, questo sì, dall’A2A in cui si realizza un rapporto dettagliato sulla qualità dell’ambiente nei pressi del termovalorizzatore. Dalla ricerca, si legge nella sintesi del Nimby Forum, «emerge che le ricadute sul suolo risultano ampiamente inferiori ai limiti di legge o alle soglie di attenzione fissate dalla normativa per la tutela della qualità dell’aria». Andiamo, senza annoiarvi troppo, nel dettaglio. Il biossido di azoto è inferiore allo 0,75% del valore limite, le concentrazioni di particolato sono ovunque inferiori allo 0,1 per cento del valore limite, e dati simili per gli altri micro-inquinanti. Per le diossine l’impatto del termovalorizzatore e centomila volte inferiore rispetto al valore guida suggerito dall’Oms.

Ma per il vescovo di Acerra questo non va bene. Evidentemente pensa che qualcuno stia taroccando i dati. Eppure le fonti di inquinamento in quella zona ci sono e derivano dai vecchi impianti industriali mai bonificati e dal traffico. Anche delle auto che accompagnano il Vescovo in giro per i suoi paesi a stringere mani e a denunciare gli inquinatori del nord.

Il sindaco di Acerra la mette un po’ diversamente: «È stato disatteso l’Accordo di programma del 2009, firmato da Ministero e Regione, che prevedeva bonifiche, rimozione di rifiuti, fornitura a prezzi economici dell’energia elettrica. Anzi oggi, con le continue autorizzazioni alle industrie sul territorio, è stato aggiunto altro carico ambientale». Non siamo in grado di sapere se quell’accordo sia stato disatteso davvero, ma come per il caso del Cnr, tendiamo a credere alle istituzioni. E siamo d’accordo con il sindaco sul fatto che un territorio in cui insistono termovalorizzatori, che pur non inquinando nessuno vuole, debba o possa avere degli incentivi, soprattutto se questi sono stati promessi. Questa è la strada da percorrere e non quella alla Don Abbondio di chiedere che dell’inquinamento se ne occupino cittadini di Acerra. Che tipo di richiesta è? Ma che senso scientifico ha una roba di questo tipo? Già che ci siamo, dalle parti Chiesa che un tempo era universale, ecumenica, ci potrebbero spiegare di grazia cosa fare dei rifiuti campani, se non dovessero essere termovalorizzati ad Acerra? Problema di altri? La questione riguarderebbe comunque altri fratelli cattolici. Oppure lo vogliamo far gestire ai fratelli musulmani?

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