Gli sporchi giochi politici della Deutsche Bank
Sono passati cinque anni da quel 2011. E la verità sta venendo a galla: con le massicce vendite indebolirono Palazzo Chigi.
Nella primavera del 2011, Deutsche Bank vende in blocco la bellezza di 7 miliardi in titoli di Stato italiani che aveva in pancia.
Nella relazione trimestrale del 30 giugno 2011 si legge un numeretto impressionante. All’inizio del periodo la banca tedesca aveva in portafoglio 8 miliardi di euro tra Btp e Cct e alla fine del periodo la consistenza era scesa a 996 milioni. Come sempre avviene, e per una semplice legge economica, se un venditore getta sul mercato una grande quantità di prodotti, dalle banane ai titoli di stato, il loro prezzo crolla. E se il venditore viene considerato autorevole, in molti lo seguono. È ciò che avviene sui nostri titoli di Stato. Sono falcidiati dalle vendite e, di conseguenza, il Tesoro italiano, per piazzare la sua merce, deve spendere un mucchio di quattrini in interessi (il cosiddetto spread si allarga con beni simili). La grande istituzione finanziaria fece trapelare che il suo comportamento era dettato dall’incertezza economica dell’Italia. Non voleva tenere in bilancio una merce che poteva andare a male e, dunque, se ne disfaceva. In Italia si gridò al complotto: i tedeschi, attraverso Deutsche Bank, mettevano con le spalle al muro il governo allora guidato da Silvio Berlusconi.
E così fu. La botta finale al governo, come tutti ricordano, la diedero i mercati finanziari, che non volevano più comprare i nostri titoli di Stato e attraverso questa via indebolirono vieppiù la guida di Palazzo Chigi. Sono passati cinque anni. E la verità sta venendo a galla. Le massicce vendite tedesche di Btp non rispondevano ad una razionalità economica, ma furono un’arma impropria di battaglia geopolitica. All’inizio del 2016, tra gennaio e febbraio, i mercati hanno messo in dubbio la capacità di Deutsche di pagare le cedole sulle sue obbligazioni subordinate, come una Mps qualsiasi. Poi a luglio non ha passato gli stress test americani ed è stata definita come una minaccia finanziaria globale. E in questi giorni si è beccata una multa dagli Stati Uniti che la potrebbe mettere definitivamente al tappeto. La malattia della prima banca tedesca è che negli anni ha emesso derivati per 75mila miliardi di euro, 20 volte il Pil tedesco, e nel suo bilancio pesano 30 miliardi di euro di derivati ad alto rischio. Titoli tossici che, se dovessero perdere anche solo una piccola percentuale del loro valore, azzererebbero il patrimonio della banca tedesca. Sono passati cinque anni e ciò che era chiaro ieri oggi diventa lampante. La banca tedesca scaricò l’Italia non per affrontare meglio un bilanciamento dei suoi rischi, che stavano da tutt’altra parte, ma per dare un segnale contro l’Italia. Nessuno lo potrà dimostrare per tabulas. Ma lo dice il buon senso. Quello che all’epoca mancò.