Martedì 15 ottobre 2013 – Santa Teresa d’Avila – Pellaro

 

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Appuntamento alle 10.00, a Reggio Calabria, nell’ufficio di Antonio Eroi, Presidente del Consiglio Provinciale di Reggio Calabria e mio solidale in mafiaNO. Con lui, Daniela De Blasio, Consigliera di Parità. Pochi, rapidi convenevoli e partenza per Pellaro. Lì, da 48 ore, sono ospitati i 226 migranti siriani sbarcati nel porto di Reggio Calabria alle 21.00 di domenica.

L’auto sfreccia sui vialoni del capoluogo reggino, poi si immerge nelle stradine che si inerpicano fino alla superstrada ionica. Un quarto d’ora di viaggio al caldo di un ottobre che somiglia più ad un agosto da solleone. Il vino, quest’anno, sarà forte – dice il conducente – a Pellaro se ne trova ancora qualche litro di quello buono. Il resto è finto. Come ovunque, aggiungerei…

Arriviamo davanti alla palestra dove vivono, attualmente, LORO. I MIGRANTI. I ricercatissimi soggetti da fotografare e sbattere in prima pagina. Magari bagnati e coperti come uova di pasqua con carta dorata luccicante. Da abbracciare in loco e dimenticare subito dopo essere saliti in aereo o in treno col bottino di guerra: foto, video e qualche intervista.

Aperta la caccia, quest’anno, mica alle allodole: no, no. Al profugo. Meglio se semiassiderato, nero d’africa o proveniente da terra di guerra. Proprio come i siriani approdati a Reggio. Safari fotografico sulle coste italiane. Partenze all’alba con teleobiettivi che somigliano a bazooka, tablet per gli appunti e cellulari di ultimissima generazione per contattare tg e programmi di approfondimento vario.

Io, stanotte, a mente calma, voglio raccontare la mia visita. Serenamente. Senza provocare. Ma senza mentire.

Non so cosa accada a Lampedusa e che tipo di migrante arrivi su quella sponda d’Italia. Vedo i servizi dei telegiornali e le foto sulla carta stampata. Mi sembrano poveri e malconci. Li guardo con spirito di solidarietà e spero, per loro, una vita migliore. Poi mi chiedo: migliore di cosa? Se è vero, come è vero, che per imbarcarsi paghino da tremila a cinquemila dollari o euro a persona, beh!, mi viene da pensare. Con quella cifra in molti Paesi africani ci tiri avanti molto. Mentre, arrivati qui da noi, prima di poterla mettere da parte, ci impiegano una vita. A raccogliere frutta, dicono, si portano in baracca pochi spiccioli al giorno… Vivendo come animali nella tana. Senza rapporti sociali. Senza possibilità (e volontà) di vera integrazione.

So cosa ho constatato di persona, stamattina, a Pellaro. Un gruppo di persone bene in carne, serene, sicure di sé, chiare nelle richieste e nelle esigenze. Hanno voluto subito le docce e vestiti puliti. Telefonini per chiamare parenti in mezza Europa e a casa, laggiù in Siria. Hanno ottenuto tutta la solidarietà e la fratellanza del popolo che li aspettava già dal mezzogiorno, quando erano stati avvistati al largo. Forze dell’Ordine, Capitaneria di Porto, Protezione Civile, Comune e Provincia di Reggio Calabria non hanno perso tempo. Allo sbarco, i naviganti hanno trovato un pool di nove pediatri e altri specialisti. Infermieri e volontari. E i cittadini. Pronti ad aiutarli.

Si fa così. Gli italiani lo hanno imparato in questi anni di sbarchi continui. Troppo continui. Tanto continui che ci stiamo stancando. Vorremmo sapere che disegno si celi dietro questa invasione senza colpo ferire. Arrivano, arrivano…  Si presentano da vittime e ci rubano il cuore. Visti sbarcare, fanno tenerezza. Bambini, donne, giovani uomini apparentemente indifesi… Occhi terrorizzati dalla forza del mare e dalla ferocia degli scafisti senz’anima. Ci inteneriamo e ci sentiamo in colpa per peccati non nostri. Torniamo indietro, con la Storia, di millenni, per scegliere il chiodo della croce più adatto a ciascuno di noi e ce lo conficchiamo nelle carni, per render loro giustizia. Una giustizia moralmente ingiusta. Perché colpisce chi, come noi, non ha mai sporcato le proprie mani né di sangue, né di luridi commerci. Le morti, poi, ci annientano. Perché, per noi, la vita ha un valore altissimo. I corpi che galleggiano sulla cresta delle onde offendono la nostra Storia. Ma… Non è così per tutti loro. Loro la sfidano, la vita. La mettono in gioco con molta più naturalezza. Insciallah…

E, insomma, constatavo il loro stato. Adulti e bambini giocavano a pallone fuori dalla palestra, le donne chiacchieravano fra loro sedute per terra (lo avrebbero fatto anche a casa loro), i giovanotti giocavano coi tablet e coi cellulari di ultimissima generazione che hanno sapientemente salvato dagli schizzi di mare, gli adulti si lisciavano i baffi mentre, utilizzando il traduttore, si confrontavano con volontari, funzionari e uniformi.

“Siamo qui con loro da 48 ore. Sono calmi e stanno bene. Mangiano, si sono lavati, cambiati d’abito e hanno avvisato i parenti.” I volontari sono soddisfatti del risultato raggiunto.

“Reggio e la Calabria stanno mostrando il loro cuore. Una catena umana di solidarietà da parte dei cittadini reggini e della provincia, partita già dalla giornata di domenica, non smette di affiancarsi al lavoro incessante dei volontari, delle Forze dell’Ordine, delle Associazioni e delle Istituzioni. Non manca nulla: dagli abiti al cibo, dall’assistenza medica a quella linguistica e sociale. Faremo in modo che la loro permanenza nella nostra Città sia umanamente confortevole e dignitosa.” Antonio Eroi è più che soddisfatto della risposta del suo popolo alle esigenze dei fratelli arrivati dall’altra parte del Mediterraneo.

“Mi preoccupo maggiormente della condizione delle donne e dei bambini. Sono due realtà diverse con esigenze precise. La donna ha necessità di maggiore difesa della propria persona ed intimità. La promiscuità offende la femminilità e crea disagi a cui bisogna ovviare. I bambini sono tantissimi e devono essere tutelati nei diritti e nella sicurezza.” Così, la Consigliera di Parità Daniela De Blasio.

E io? Io sono deluso. Mi aspettavo anche io i migranti modello Lampedusa. Mi aspettavo di vederli poveri e malconci. Volevo sentire quel dolore che ha fatto vibrare anche la tonaca bianca di Papa Francesco. Volevo provare lo sdegno di Kashetu. Volevo spargere nell’aere la commozione istituzionale della Boldrini. Volevo poter lanciare l’appello almeno per una onorificenza a cavaliere o commendatore, se non proprio per il nobel. Niente! Non me la sento! Questi stanno bene. Qualcuno ha già sibilato che non vede l’ora di raggiungere i parenti in Germania (chi glielo dice che la Frau ce li rimanda indietro col biglietto ferroviario pagato?). Altri hanno chiesto simcard gratuite. Un signore ha confidato ad un uomo in uniforme che i suoi soldi lo stanno aspettando nel cuore dell’Europa, serenamente versati su un conto corrente a lui intestato. No! Così non va! Già non era credibile il loro arrivo al porto di Reggio Calabria sul natante col quale si sono presentati (e, infatti, è stata fermata la presunta – si dice sempre così – nave madre col suo carico di 17 scafisti egiziani), ora non è più credibile il loro status di migranti. Così, Dio mi perdoni, sembrano dei normali viaggiatori. Soprattutto se sarà confermata l’altra indiscrezione, e, cioè, che dalla Siria all’Egitto abbiano viaggiato in aereo e non attraversando a piedi il deserto. Meglio così, chiaramente. Ma, allora…

Oriana mia, quanto avevi ragione!!! Enorme Fallaci, Baluardo dell’Occidente, perdonaci se non Ti abbiamo dato retta da subito. Lo avevi urlato al mondo il Tuo sospetto, la Tua certezza. Ci invadono! Senz’armi. Anzi, facendoci sentire degli stronzi che devono restituire il bottino di guerra. Senza sapere che guerra.

… fra me e me… Ricordando Oriana Fallaci. E riflettendo sulla Bossi-Fini.

Mercoledì 16 ottobre 2013 – Santa Edvige – Reggio Calabria

h 23.59

SONO SCAPPATI TUTTI!!! LO AVEVO DETTO CHE NON MI PIACEVANO QUELLE FACCE!!!

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