Martedì 17 dicembre – San Lazzaro – Jatrìnoli di Taurianova, Piana di Gioia Tauro

Un pomeriggio di relax. Con Mammà. E i tre caminetti di casa accesi. In modo da potermi godere l’amicizia delle fiamme ovunque mi sposti. Questo è uno dei regali magnifici che mi ha fatto mio Padre, prima di morire. Lui adorava il fuoco vero del camino e ne ha seminati in tutte le stanze della casa. Sto finendo di leggere il libro Morte al Raja, di Giovanni Speranza, che domani andremo a presentare a Reggio Calabria. Poi, però, smetto di leggere per sorseggiare il thè preparato da mia Madre. Thè verde “Midori” di Mariage Frères. Senza zucchero, né miele. In verità, assaggio anche due biscottini all’anice che i miei amici pasticceri non mi fanno mancare. Li amava mia zia Rosa. E anche zia Lina. Li dedico alla Loro memoria.

E accendo la tv.

Maledizione! Ci casco, di tanto in tanto. Per mia abitudine, do subito un’occhiata al 5 e, poi, pigio sugli altri tasti. Giusto per farmi frullare le palle a velocità supersonica. In ogni programma, satellite o digitale che sia, non manca, ormai, l’attrazione del Terzo Millennio. Il frocio salottiero saputello e sputasentenze. Che sia cuoco, che cinguetta d’agli bianchi e cipolle rosse di Tropea, tra avveniristiche fruste metalliche e tradizionali cucchiai di legno, mentre prepara piatti improponibili che sembrano più sculture che pietanze; o sia parrucchiere cotonato di suo o truccatore miracoloso, che acciuffa per le orecchie una casalinga frustrata e la trasforma in un battibaleno in una casalinga frustrata truccata e pettinata; o, ancora, un parolaio da giornaletto pettegolo, magari direttore o f.f. che rivela arrogantemente  i nomi, o almeno la griffe dei calzini,  dei veri responsabili della morte della D nazionale britannica, o la marca del misterioso sbiancante con cui Madre Teresa lavava a mano a Calcutta, il vecchio sari d’azzurro incorniciato; o, infine, il personaggione nato in tv col compito di rappresentare una sorta di umanità frociona urlante e maleducata, di quella razza che non esiste in natura. Fortunatamente.

Ed io mi incavolo. Eccome, se mi incavolo. Perché questi fanno danni! Creano malintesi. Preconcetti. Pregiudizi. La gente, da casa, pensa che se sei omosessuale devi parlare con la cadenza nasale, sfarfallare le mani quando dici la tua, guardare di sguincio la figa seduta al tuo fianco come se spiassi piselli agli urinatoi della stazione, lanciare anatemi contro il papa di Roma e il cattolicesimo, saltellare sul culo al divano, battendo le manine, mentre appare su un monitor il primo piano di Brad Pitt… Cazzate!

Si è omosessuali anche, e soprattutto, dandosi un contegno. Partecipando alle discussioni e ai confronti senza sventolarla, la propria omosessualità, come se fosse la bandiera nazionale. Si è omosessuali anche STANDOSENE A CASETTA, senza rompere i maroni al popolo italiano con le proprie pretese di presenzialismo virale. Si è omosessuali anche senza fard e lucidalabbra. Senza ululare slogan da gaypride nei salotti televisionari delle arrugate signore del pomeriggio italiano.

Lo si è senza palesare affetti da mercatino della domenica, o cianfrusagliate sentimentali da voyeurismo cronico. Se si vuole “aiutare la causa” o “informare” il mondo attorno delle nobiltà della condizione omosessuale, bisogna cambiare registro. Perché se continuiamo a presentarci come troie assetate di sesso o come alberi di natale abbigliati di palle e festoni argentati, la gente normale, tranquilla, serena, scappa a gambe levate. Questo carnevale ricchione fatto di parole vuote, canagliate, perfidie e paillettes deve finire. Tanto non interessa e non scandalizza più nessuno. Annoia. Chi doveva capire, accettare e condividere lo ha già fatto. Ma, adesso, si sta stancando di questa giostra omostupida. Adesso ci vuole vedere all’opera seriamente. Vuole capire cosa siamo capaci di fare, oltre che fringuellare sparpagliando amoretesorotiadoooooorooooo ovunque.

Adesso, dobbiamo sparire dai teleschermi e tornarci, seri, solo quando avremo buttato a mare gli inutili finocchismi da operetta. Se ce la faremo..

… fra me e me. Pensando a Pasolini, Michelangelo e Leonardo da Vinci.

 

 

 

 

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