Quando eravamo Attori.
Mercoledì 4 giugno 2014 – San Quirino v. – Taurianova
Con la maiuscola. Perché ce la meritavamo. I francesi ci emulavano. Gli inglesi ci invidiavano. Gli americani ci studiavano, dopo averci ammirato, per imparare. Imparare come si potesse rappresentare i sentimenti più profondi con una delicatezza quasi arrogante. Anna Magnani, per esempio, era garbata e potente allo steso tempo. Alida Valli, uno scrigno di tumulti interiori trattenuti dall’eleganza di uno sguardo. Vittorio De Sica emanava Italia da ogni poro. Aldo Fabrizi, era da brividi. Una maschera tragica o comica, a suo piacere. E, con loro, i Signori del teatro. Buazzelli, Stoppa, Morelli, Ricci, Volonghi, Randone, Borboni, Capodaglio, Raspani Dandolo, Albani, Ninchi, De Filippo, De Filippo, De Filippo, Musco, Baseggio, Govi… Un popolo di Dei!
E Totò. Unico. Inimitabile.
Poi, Ah! Poi…
Sordi, Manfredi, Mastroianni, Gassman, Lollobrigida, Loren, Salvatori. Colonne portanti del Tempio dell’Arte Universale. Impossibile sostituirle.
Venivano da noi Annie Girardot, Ingrid Bergman, Gary Cooper, Alain Delon, Jean Paul Belmondo. Si consegnavano ai nostri Registi. Quelli del Grande Cinema. Rossellini, Visconti, De Sica, Germi, Lattuada, Fellini, Risi, Comencini.
Negli anni a seguire, i loro discepoli, Loy, Zeffirelli, Bolognini, Avati, Taviani, Olmi, Brass.
Lunga pausa, respiro profondamente. Per non mentire, non faccio più nomi. Perché, fra i pochi seri e bravi, ci sono eserciti di vuoti a perdere. Temo di andare a teatro, spesso. Perché ne esco col fegato alla veneziana. Perché Il Gabbiano ha perso le ali. Perché La Mirandolina è sempre e solo una mignotta. Otello è un povero cornuto. Amleto il matto della porta accanto. Le scene sono un nero continuo, con praticabili da salto sparsi ovunque e attori che arrivano dalla platea o si lanciano dalle balconate. Ancora??? Trovata trita e ritrita! Ma ogni giovane pretende di godersi la passeggiata in mezzo alla gente. Peccato di egocentrismo! Amen.
Non vado spesso neanche al cinema. Le parolacce le so tutte: non ho bisogno di ripassi. E “cazzo”, ormai, lo dicono tutti. In tutti i contesti. Ultimamente anche le donne. Così, per non restare dietro nella distribuzione della nullità artistica, cazzo! Se un film, poi, non celebra il dozzinale, il quotidiano, riconoscibile già dalla tazza della colazione, non sembra suscitare l’interesse del pubblico. Hai voglia a sperare di rivedere le ricostruzioni felliniane in studio di posa. Macchè! Il mare è al mare. Roma è sempre il Gazometro e non più la Bocca della Verità. La nebbia la cercano vera nella Bassa e non più magica nella macchina del fumo. Manca la Fantasia. La Creatività. La voglia di sentirsi Dio. Tanto, tutti si accontentano ormai di un primissimo piano di occhi truccati, di due tette rifatte, di uomini ricchioni che fingono impeti machi su letti senza lenzuola. Inutilmente.
Solo quelle poche piccole sale meno esposte ci danno ancora la sensazione che l’Arte stia tenendo botta. Che non ci stanno riuscendo, ad azzerarla, con quella politica globalizzante della finta democrazia. Già! Hanno garantito a tutti il diritto di accostare l’arte, ferendola. Anzi, uccidendola. Mille e mille scuole di recitazione, in mano a chi non ce l’ha fatta e deve, comunque, sbarcare il lunario, hanno sfornato, negli ultimi anni, una cosaccata di barbari, che hanno invaso ogni verso di Shakespeare, ogni morale pirandelliana, ogni sottile ironia goldoniana. E, non contenti, questi Ostrogoti dell’Arte ci entrano in casa attraverso quei demoniaci televisori onnipresenti in tutte le camere abitate. A far che? A blablare battute rubate da fotocopie malstampate e riproposte senza nemmeno averle capite. Seeeehh! Capirle. Con cosa? Come diceva la volpe della maschera “Pulchra est, sed cerebrum non habet!”
Da qui in poi, per me è un libro. Che è meglio…
Fra me e me. In astinenza da Buon Teatro e Buon Cinema…