Gaypride, un inutile carnevale
Sabato 7 giugno 2014 – San Roberto – Piana di Gioia Tauro, Redazione di SUD
Essere ricchioni è una cosa seria, come tutto il resto. Non è un vanto, né motivo di vergogna. È come respirare, aver sete, masticare cibo o stare in piedi.
È conoscere la pace, ma anche combattere una guerra.
È essere vivi, uguali e diversi.
Non so come, ma è successo anche a me. Quel giorno mi sono svegliato e ho capito che uomo o donna che fosse, avrei potuto amare a prescindere. E, volendo, godere a prescindere. A prescindere anche dall’amore.
No, non ero diventato diverso: ero sempre quello di prima. E lo sono ancora. Mangio anche oggi, come quaranta anni fa, il “gattò di patate” di Mamma Concettina, e anche le sue mozzarelle in carrozza. Indosso, oggi come allora, bracciali ed anelli. Al limite, ne è aumentato il numero. Leggo un libro a settimana. A volte, due. E lo facevo anche a sedici anni, puttaniere. Ho la barba e non mi depilo le gambe o le spalle. Grido e non urlo. A volte, ahimè, tiro giù un pezzo di Cielo. Poi me ne pento e chiedo scusa. Sempre a prescindere.
Ho amato tre volte, allo stesso modo. Tre uomini insostituibili. Unici. E una volta ho amato una donna con la stessa intensità. Conto pochi, preziosi amici. Molte sono le persone che mi sono care. E a nessuno di loro controllo le mutande, né rovisto fra le lenzuola. Che siano alte o basse, povere o ricche, grasse, magre, eterosessuali, comuniste o fasciste, renziane o dei miei, le persone sono tutte uguali. Ugualmente diverse e diversamente uguali.
Non amo le pacchianate, ma rispetto i pacchiani quanto i sobri. Mi annoia la seriosità, ma amo i seri.
Mi affascinano il bene ed il male alla stessa maniera.
Ma non sopporto il gaypride.
Perché non perdo tempo con le cose inutili. E il gay pride lo è, inutile. Non serve.
All’omosessualità non serve questa inutile ostentazione di diversità. Né questa arrogante pretesa di essere l’* del Terzo Millennio. Quell’essere indefinibile in quasi nulla – pena lo scadere nel razzismo omofobico – tranne che nella sua intoccabile diversità eccellente.
In realtà, la processione arcobaleno di sfrontata appartenenza può, secondo me, recitare il De Profundis.
Essere omosessuali, oggi, non fa notizia. Il mio verduraio non ammicca quando mi vende le banane e sua moglie non mi consiglia i finocchi col sorrisetto fra gli orecchini. La tintora non si scandalizza a lavare le mie sciallesse e la maestra di mia nipote non mi guarda con sospetto. Il mio confessore mi confessa le sue angosce amorose per i tradimenti del suo compagno e mia Madre si fa accompagnare per la città dal mio fidanzato. Quando ne ho uno. E quando non ce l’ho, si preoccupa per me. Mio Padre, da vivo, era felice di me. Oggi, da morto, mi sostiene in tutte le mie attività. A prescindere.
Ne parlo con tanti amici e anche a loro capita la stessa cosa.
E, dunque, a quali “categorie” giova questa costosissima “passiata” (passeggiata) per le vie dei Centri cittadini? Probabilmente, a quelle associazioni che la organizzano (spesso con sovvenzioni pubbliche e patrocini complici) e che hanno urgenza di diventare visibili e “sdoganate” agli occhi nostri. Giova a tutti quei furbacchioni che aspettano la giornata rainbow per impennacchiarsi e fregiarsi dell’Ordine della Guepiere Pitonata, o del Dildo Luminoso, o della Ciglia Paillettata.
Perché il gay pride non è omosessuale, è gay. Di quel gay che smiela come i dolci turchi. O, peggio, come le torte accremate all’americana.
Gay, di quel rosa cretino. Di quelle mossette da sciocchina. Degli urletti su tacco 15.
Gay inutile e fuorviante.
Quelli come me, invisi ai gay, non ci partecipano, alla processione di Santa Frocia. Restano a lavorare, a riposare, a produrre, a godere di un giorno in più. Fanno.
E non srotolano slogan a lingua piena. Non megafonano adozioni improponibili o scimmiottamenti di matrimoni.
Restano e chiedono. Diritti. Seri Diritti. E non frattagliate da patteggiamento.
Non si baciano sulle carrozze a triplo tiro bianco, vestiti da sposa entrambi. O entrambi in smocking col garofano verde in petto.
Godono della discrezione di casa. Come tutti.
Normali.
A prescindere.
Fra me e me. Uomo