Zingari. Gli intoccabili del Terzo Millennio.
Venerdì 11 luglio 2014 – Santa Olga – Roma
“Prossima fermata, Repubblica – Teatro Opera – Uscita lato destro”
La fine di un incubo. Mica per la calca. O per il caldo. No, no. Per la destabilizzante presenza di quelle figurine che, con occhio furbo e mano lesta, aspettano che tu ti distragga. E ti salano. Via il portafogli, o la borsa, un orologio, una catenina d’oro, un cellulare. E l’anima. Sì, perché quella te la danni a pensare male, augurando a quella teppaglia ogni male possibile. Chi sono? Gli innominabili. Quelli che se, poco poco, ti azzardi a chiamare zingari, ti parte una cascata di oh oh ho da parte di certi culi pesanti che, ancorati a comode poltrone di associazioni ed enti assistenziali, sono pronti a solonare su ogni. Non è corretto e non è giusto istigare la gente al l’odio razziale, dicono.
E chi lo farebbe? Noi? Io? Ma per favore! Passiamo più tempo con i nostri amici provenienti da altri Paesi che con i nostri familiari. Ma non è accettabile più stare sotto schiaffo di una fiumana umana di teppisti di ogni specie ed età. Ce ne saranno pure di onesti. Ma sono in galera. Quelli che incontro io, mi fanno sempre pentire di provare un sentimento non negativo almeno verso i loro cuccioli. Perché, spesso, anche loro mi costringono a difendermi. Da cosa? Dall’aria che spostano, malandrina pure quella. Perché sono così veloci che non li becchi se non con l’ausilio santo delle telecamere. Giorni, questi, di grande attenzione verso il popolo che cammina. Per evitare che si parli d’altro, tipo ghei, tipo barconi, tipo Siria, tipo armi chimiche, i GrandiDifensori spostano l’astina del convegnografo e del dibattitometro sugli indifendibili. Case, campi, assistenza, pazienza, tolleranza: tutto finito. Sono riusciti a consumare tutto in meno di settant’anni. E sì che di coccole gliene abbiamo fatte! E quante. Ma la risposta è stata sempre la stessa: pochi grazie, molti scippi e danni affini. Ora mi chiedo: sono un santo, io? No. Un martire? Un beato? No. Ci ho li cavoli mia pur’io, come si dice a Roma non Rom? E, dunque, tolleranza zero! Controllateli! Verificate! Quelli che avete fermato più volte e portato alla Questura, accompagnateli a pedate al primo aereo verso uno dei Paesi d’origine (perché lo hanno, lo hanno) e impedite loro di tornare.
E, se lo dovessero fare, cambiate piede e scarpone e riaccompagnateli a ripedate! Scrivo seduto ad un Caffè di Piazza Esedra (ora Repubblica). Tre ragazzette dei loro si affannano, infante al petto, carrello per la spesa in mano assieme ad un pezzo di cartone, a percorrere sempre quei cinquanta metri. Sempre gli stessi. Che devo pensare, che aspettano la luce giusta per fotografare la fontana? O che sono in attesa che approntino loro la suite all’Exedra? Stanno schiumando come vampiri in attesa di vittime. Appena vedranno la sagoma gonfia di una tasca di calzone turista, si avventeranno come Erinni. Eddiosalviilpoverodonatore!
Razzista? No! Realista!!!