Gli occhi della guerra. Cristo muore sotto il fango dell’odio.
Lunedì 8 settembre 2014 – Senza santi in paradiso – Redazione SUD, Gioia Tauro
SUOR LUCIA PULICI – RIP
SUOR OLGA RASCHIETTI – RIP
SUOR BERNARDETTA BOGGIAN – RIP
Le ultime tre vittime, fino alle 13.22 di oggi, dell’odio contro i Cristiani. In quell’Africa che i missionari curano e assistono da secoli. Questa volta, in Burundi, terra senza storia, in realtà. Se non quella di ciclici fatti di guerra.
Ma, tanto, non è il solo Paese d’Africa dove i Cristiani vengono massacrati. La Nigeria, per esempio, è forse il più spietato. E le terre d’Asia, invase dai terroristi senzadio, senza dignità, senza umanità, non sono da meno. La Siria, l’Iraq del dopo Saddam, il Pakistan del dopo Osama bin Laden. Tutti mattatoi di fedeli in Cristo, decapitati, crocifissi, seviziati, stuprati, bruciati, sputati, presi a pedate dopo morti, esposti come carne di vacca, appesi a gocciolare come agnelli scannati.
In nome di un credo che non esiste, contro un Credo che da duemilaquattordici anni salva, educa, libera e santifica.
No. Questa volta non caricherò video o foto a documento. Aspetterò che le immagini siano quelle dei nostri inviati in zone difficili.
Gli inviati de Gli occhi della guerra. Il gruppo di eroici reporter che da un anno gira per i Paesi più martoriati di Europa, Asia e Africa. Senza armi. Muniti solo di telecamera e microfono. Per rubare e pubblicare immagini e voci di dolore e morte. Richieste di aiuto e lacrime di disperazione.
Sono ragazzi che potrebbero restare a lavorare fra convegni e attese davanti ai Palazzi, oppure a rubare immagini di colibrì in volo o orse in fuga dall’uomo. Ma che, invece, hanno l’anima in tumulto, lo spirito assoggettato al solo dio della Verità, della pace e della testimonianza. E partono per dove noi non avremmo cuore d’andare. Per quel fronte che noi non vogliamo o possiamo raggiungere. Ci vanno per noi e non per se stessi, come molti improvvisati salvatori dell’umanità. Vanno al posto nostro e per noi rischiano la vita. La loro giovanissima vita.
Spesso piangono per un collega che si ferma sotto le bombe o il fuoco nemico. Per uno di loro che rinasce mentre muore, ma muore. Spesso.
Ma ripartono. E pensano a noi, perché è per noi che registrano fatti, suoni, voci, infernali rumori. Fino all’ultimo.
E noi abbiamo il dovere di sostenerli. Con il cuore e con tutto ciò di cui hanno bisogno.
Un giubbotto antiproiettile? Un satellitare? Un più comodo giaciglio? Un tetto sicuro? O, forse, solo una barretta d’energia.
Tutto ciò che possa rendere più umano il rischio…
Gli occhi della guerra, in fondo, sono i nostri stessi occhi. Solo, molto più a rischio dei nostri…
Fra me e me. Mentre guardo le immagini… qui