Giovedì 19 febbraio 2015 – Senza santi in Paradiso – Redazione SUD, canale 656 digitale terrestre – Gioia Tauro

Vorrei non doverlo fare, invece mi tocca scrivere di messe nere e cretini sacrileghi. Mi siedo davanti al mio Mac e parlo di loro, della mia Fede e della mia Terra.

I fatti sono, purtroppo, noti. Domenica sera, Don Emanuele Leuzzi, parroco della Chiesa intitolata a Maria Santissima del Soccorso (a Palmi), si accorge della scomparsa della chiave del Tabernacolo della piccola chiesa dell’Adorazione. Lunedì mattina, di buonora, si reca sul posto con un fabbro. Forzata la porticina del Tabernacolo, la triste scoperta: le ostie per la Comunione e quella, più grande, per il sacrificio sull’altare sono state rubate da mani sacrileghe.

Prostrato il parroco, il fabbro e i fedeli. Le comunità palmese e pianigiana (Palmi è una delle cittadine della cattolicissima Piana di Gioia Tauro) sono confuse e costernate. Punto.

La notizia arriva, quasi soffiata, anche ai social, che, chiaramente, la ingigantiscono oltremodo. E si parla di demonio e di messe nere. Quasi lo materializzano, il diavolo. Ci si aspetta che qualcuno dica di averlo visto volare a corna e coda spiegate nei cieli sopra l’Aspromonte. Roba da medioevo.

Ma la notizia vera non è quella. La cosa più tragica è che una mandria di zozzoni, di sporcaccioni dalla sessualità disturbata, per giustificare una qualche orgia a più numeri, si ammanta di satanismo per nascondere una fanghiglia di pari bassezza, ma ben più materiale e meno filosofica. E, così, nella già incasinata terra di ndrine e malapolitica, ecco arrivare anche la vergogna morale.

Da queste parti, il timor di D*o ha tenuto unite le famiglie, anche durante gli anni del piombo delle faide. Anche se nei covi, nelle tane dei boss, spesso, si sono trovati gli altari (altrettanto sacrileghi) carichi di statue e inutili offerte. Già! Anche in quei tempi, la povera gente e i buoni d’ogni casa e famiglia, si offrivano al Padre, impetrando la grazia di restare vivi e godere della vita dei propri cari. C’è chi ce l’ha fatta. Chi, innocente, se n’è andato nel mondo a fianco con la certezza della fede. Grazie a D*o.

Anche oggi, con la povertà che avanza, i tagliagole in giro per i paesi, i politici chiusi nel Palazzo, la chiesa è il luogo di ritrovo della brava gente. Ancora si riempiono gli oratori e si costituiscono i gruppi di preghiera, o, comunque, si professa in modo sentito una Fede profonda e pubblicamente indossata. A prescindere, eventualmente, dal comportamento di certo clero. Scelte di vita di cui, al limite, pagherà personalmente il fio.

Io stesso, fra le scialasse e gli anelli, contraddizioni e leggerezze, indosso a vista lo Scapolare del Carmelo.  “L’abito da lavoro” che mi rafforza e mi conforta. Anche negli errori. Pronto a comprenderli per non doverli ripetere. E’ così, penso, che dovrebbe comportarsi un buon cristiano, conscio della propria umanità, ma fiducioso nella possibilità di sfiorare il divino.

Ecco! Questo è il panorama cristiano che si gode dalle cime dell’Aspromonte, guardando il Tirreno. Fedeli laboriosi e speranzosi. Fiduciosi nel futuro, in cammino, con alle spalle un passato doloroso e mortificante, ma spesso, molto spesso, genuino fino all’ingenuità. Umano. Per cui queste sacche di negatività, di magia, di arrogante satanismo sporcaccione, non ci appartengono. E le stigmatizziamo. Eccome!

Quelle particole, peraltro, non appena mani incoscienti le hanno toccate, hanno perso la loro divinità. Oggi non sono che farina e acqua, che, pur nella loro immensa importanza (parliamone con chi non ne ha, di pane sulla tavola), non sono comunque D*o. Il Sacrificio di cui sono simbolo, infatti, si è cancellato nel momento in cui il Tabernacolo è stato profanato.

Da chi? Poterlo sapere…

Fra me e me. Saldo nella Fede.

 

 

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