Mafie italiane sorelle del terrorismo islamico?
Martedì 3 marzo 2015 – Santa Cunegonda e San Tiziano – Redazione SUD, canale 656 dt – Area Industriale Porto di Gioia Tauro
Arriveranno? Resteranno confinati oltre il Mediterraneo? Sorvoleranno l’Italia a cavallo dei missili rubati a Saddam, Gheddafi e Assad e sbarcheranno nel resto d’Europa? Una cosa è certa: i terroristi dello stato islamico armato, i fedelissimi di Maometto e del Libro, parlano calabrese e mangiano peperoncino, caponata e pescestocco. Forse, chissà, anche qualche spalmata segreta di ndujia. E qualche fettina di soppressata di Nero di Calabria, perché no. Magari a tende chiuse e senza che l’odore di carne di porco si possa mischiare al fetore dei cadaveri abbandonati per strada. I corpi di poveracci che si sono trovati di fronte alle furie imbacuccate nelle kefiah e a loro hanno consegnato le loro misere esistenze.
Parlano la mia lingua e la capiscono pure bene, secondo quanto afferma il Procuratore Cafiero de Raho, valido e tenace nemico di ogni mafia. Di ogni malapolitica. Lui che, dopo gli anni spesi a combattere la camorra di Caserta e Napoli, da Procuratore della Repubblica di Reggio Calabria ha preso il primo treno per il Sud del Sud ed è sceso di carrozza nella città dello Stretto.
Oggi, indaga, stana, colpisce e consegna. Senza tregua. Senza errori.
Ora ha “acchiappato” anche loro; ha scoperto i traffici loschi fra ndrangheta e isis, li ha resi pubblici. Ci ha consegnato una verità drammatica e imbarazzante. Più imbarazzante dei rapimenti, dei traffici di cocaina, degli appalti, dello sfruttamento dei neri e delle prostitute. Imbarazzante quanto gli omicidi, i falsi suicidi, le vasche di calce viva, i trogoli dei maiali antropofagi.
Se è vera – e chi potrebbe mai confutarla? – la tesi del Procuratore, ndrangheta e terroristi sono amiconi. Loro, i tagliagole fedeli solo alla loro crudeltà, consegnano merdosa droga e fottutissime armi e, in cambio, ricevono ospitalità fra i nostri aranci e sotto i nostri ulivi, alberi di pace e simbolo di abbondanza e dedizione paziente alla terra e alla fatica dell’uomo.
Se è vero – e non trovo nessun motivo per cui non lo sia – il monito lanciato da Cafiero de Raho, gli “uomini valorosi” (aner, andros in greco antico significa uomo valoroso) della massima organizzazione mafiosa regionale hanno, ancora un volta, dimostrato il disprezzo, l’odio, che hanno maturato nei confronti della loro stessa terra, della loro gente, delle loro famiglie. Molto più schifoso di quello che li convinse a far tumulare sotto qualche centimetro di terra i peggiori veleni industriali, per qualche miliardata di lire.
Con la stessa ottusità, oggi invitano a pranzo, in casa nostra, i peggiori carnefici della storia umana.
Fra me e me. Senza più parole