Lunedì 20 Aprile 2015 – Senza santi in paradiso – Redazione SUD, can.656 d.t., Area industriale Porto Gioia Tauro

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700 cadaveri in acqua in un solo naufragio. 700 vite sprecate. 700 sogni infranti. Ma forse anche di più. E si teme che ogni giorno ne muoiano a decine, di questi sciagurati, senza che se ne sappia nulla. Una scia di disperazione e dolore che macchia di sangue e di vergogna le azzurre acque del Mediterraneo.

Vittime in casa loro delle guerre, della fame e delle malattie, cercano di dare forma ad un sogno tentando di raggiungere quell’Occidente che è troppo lontano per gente semplice come la maggior parte di loro. Quando li incontro in Africa, durante i miei viaggi, mi fanno quasi tenerezza per la loro naiveté. La loro innocenza. Unica fissazione, fotterti qualche euro per mangiare. E, spesso, lo fanno per un padrone che a fine giornata li premia giusto con il necessario per sopravvivere. I neri d’Africa.

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Degli altri, di quelli dei Paesi del Medio Oriente, non dico. Non li conosco. Vengono da terre che non ho mai visitato. Mi sembrano, comunque, molto lontani da me, da noi. Ed è ormai evidente che ci odiano. Vengono qui, anche loro, non certamente per CONvivere; piuttosto, sono pronti a prenderci a calci in culo, se va bene, e cacciarci da casa nostra. Hanno qualche millennio di arretratezza e di rabbia mai risolta. Ci chiamano ancora Crociati. Come se fosse un’offesa.

Tutti loro, neri e non, sono vittime, in primis, del malaffare. Una nuova mafia ad ampio respiro internazionale che si occupa solo di trasporto e macellazione di carne umana ignorante. Da un continente all’altro. Sempre per farle fare la fame e sfruttarla. Che siano, infatti, nella loro terra, oppure che riescano ad arrivare vivi in Occidente, i più restano ai margini. Cambia la malta per la costruzione dell’abitazione (dalla merda di vacca africana, si passa al cemento pieno di rifiuti tossici europeo), ma il resto è uguale. Stessa emarginazione, stessa disperazione, stessa rabbia.

E, comunque, molti, in questo viaggio della speranza, ci rimettono la pelle. Il nostro mare è un cimitero. Quasi da schifarsi pure di mangiare il pesce pescato. E la politica occidentale, soprattutto quella imbecille italiana, resta immobile. O, al limite, straparla come certe eroine dell’accoglienza che, però, a casa loro non se li portano mica, i profughi puzzolenti e sconosciuti. Li accarezzano per le foto, poi, scortate come un carico d’oro di Fort Knox, tornano a Palazzo a controllare il bonifico dello stipendio milionario. Esticazzi dei neri e dei siriani con la rogna…

Di chi, dunque, la responsabilità? Non certo degli scafisti! I nuovi Kapò del mare. Gentaglia che venderebbe la madre morta ad un plotone di pervertiti. No, le colpe vanno più in alto. Proprio ai buonisti del cazzo di cui sopra, che continuano a permettere questo schifo di traversate!

Considero assassini e stragisti, responsabili di genocidio, tutti coloro che, appoltronati comodi nelle sedute di governo, con il loro reiterato rifiuto di fermare questo immondo esodo a pagamento, gonfiano le tasche della malavita in tutte le sue forme. Sia quella che li carica sui barconi della morte, che quella che si ingrassa con la falsa fraterna accoglienza nel nostro Paese.

L’Italia onesta non ne può più! E il Sud men che meno!

In queste terre meridionali, li vediamo vagare, affamati, malati, sporchi e spesso cattivi, senza mèta, né speranza. Li guardi negli occhi gonfi di stanchezza, disillusione e tristezza e ti rendi conto che tornerebbero anche a casa, se non temessero la sconfitta e, forse, la morte. O, magari, solo la derisione di amici e parenti.

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E noi, con loro qui, misuriamo la nostra sopportazione. La tolleranza. La voglia di comprendere e accettare. Oggi a zero.

“Basta negri e gente forestiera”, mi dice un’anziana vicina di casa. Raccoglitrice d’olive con pensione da vergogna, è stata vittima di scippi e furti in casa. “L’ultima volta parlavano come la badante della signora Lina.” Gente dell’est, direi.

Sciamano per i paesini e spaventano con la loro fame. Che qui nessuno può sedare.

E non parlo del sospetto che mi rode l’anima in tempi di Isis. Quante migliaia di terroristi abbiamo fatto sbarcare sulle nostre coste?

E la Boldrini si preoccupa, magari dopo un pranzo pesantuccio, dell’obelisco con la scritta DUX e MUSSOLINI al Foro Italico a Roma? E vorrebbe, come i terroristi islamici, buttare giù un monumento italiano? Ma, allora buttiamo giù anche il Colosseo e tutti i Fori: anche i Romani, in fondo, furono “dittatori”. Oppure chiediamole di andarsene. Magari in un Paese dove si trovi meglio che qui. Magari una terra d’oltremare. Magari l’Isis.

Fra me e me. Convinto che i barconi di terroristi non affondino mai.

 

 

 

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