Martedì 27 ottobre 2015 – compleanno di Gabriele, mio pronipotino – A casa, a Taurianova

No, qui di pistole non ce n’è bisogno. Non ci sono furti in casa. Qualcuno, è vero, ne ha tentati, in passato; pochi sono andati a buon fine. Spesso la refurtiva è stata restituita in tutta fretta ai legittimi proprietari. Da queste parti, se sai a chi rivolgerti, magari la ndrangheta (sic!),  i colpevoli ti chiedono anche scusa. Coperti di lividi. O di vergogna. Che siano italiani o stranieri poco conta. Anche se gli italiani non si sporcano mani e coscienza per due collanine e cento euro della pensione. Preferiscono entrare in giri alti. O, comunque, altri.

Magari roba forte. Droga, armi, immigrati… Altro che braccialetti e anellini, fucili da caccia e spiccioli di contanti! Quella, al limite, ma proprio al limite, è roba da slavi. O magrebini. E anche loro, in ogni caso, seguono – e DEVONO farlo – le regole del luogo. Rispetto e Devozione. Se entrano nella casa sbagliata, non ne escono interi.

Ciononostante, io una pistola la comprerei. Il porto d’armi lo chiederei. La difesa di mia Madre me lo impone. E, visto come si stanno mettendo le cose, non è tanto da fessi imparare a sparare.

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Certo, se ci penso, rabbrividisco! Sparare? Io? Dura da ingoiare, questa amara verità. Ma non posso pensare di vedere mia Madre coperta da lividi, o, Dio non voglia, assisterla, lei abusata da un figlio di troia, aspettando che il bastardo venga condannato a una manciata di giorni di galera, magari assistito da una qualche compagnia di teatro che glieli renda meno pesanti. No, in quel caso sparerei. Temo proprio che lo farei.

Alle gambe, alle ginocchia, forse. Un po’ più su, forse. Non so. Non sto qui a pensarci. E spero di non doverlo fare. Ma ho paura che non gliela farei passare liscia. (Da ufficiale di cavalleria, al poligono ero il migliore…)

Capisco, sì, lo capisco, chi, in questi giorni, comincia a ribellarsi all’audacia di sciacalli che non entrano più nelle case in assenza dei proprietari, che non si accontentano di spaventare chi difende la propria vita, le proprie cose, che non mettono in conto, al limite, ma proprio al limite, di legarlo ad una sedia; no, niente sedie, e niente corde: oggi,  violentano, torturano. Ammazzano.

Comprendo, distrutto da questo mio cancro dello spirito, quel silenzio della ragione che partorisce reazioni senza decisione. Mi immedesimo e mi abbandono al buio della casualità. Perdo la grazia della misericordia e tocco lo stipite della porta di un inferno che non intendo varcare.

Mamma checca

Ma per salvare mia Madre, sarei disposto a tutto. Proprio a tutto. Anche a premere quel maledetto grilletto. La Sua vita vale ben più della mia libertà. Della mia salvezza.

Fra me e me. Perché l’ho promesso a mio Padre

 

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