Lunedì 21 marzo 2016 – La Primavera – a casa, a Taurianova

Orgia per la fine del mondo nizza e losanna

Tutto. Possediamo proprio tutto e non sogniamo più nulla. In qualche decennio, abbiamo preso casa, acquistato la prima e la seconda autovettura (una per lui, l’altra per lei. Oggi, poi, abbiamo anche le opzioni arcobaleno…), a seguire, abbiamo voluto i televisori, i frigoriferi, gli impianti di aria condizionata, le casse stereo per il cinema di casa, i finti campi di calcio chiusi nella scatoletta, i cellulari con la possibilità di avere in tasca anche gli zii dell’Australia e i pinguini dell’Antartico in diretta. Tutto moltiplicato almeno per due o tre. Possiamo, pagando, confessarci con un’applicazione dello smartphone e avere, a comando, la Vergine di Lourdes in mano. Abbiamo buttato nella spazzatura i libri di carta e i giornali, e, se leggiamo, li acquistiamo online. Non andiamo manco più a fare la spesa: basta un clic e ci arriva in casa il nido di rondine cinese e la carne di canguro australiano. Gli spaghetti e la passata. Alla porta, mentre sonnecchiamo sul divano del salotto, ci suona il fattorino che consegna dalle mutande di pizzo al cappotto di cachemire. Direttamente scelti sul webcatalogo. Una settimanella per pensarci, altrimenti rispediamo al mittente e cambiamo fornitore.

Cerchiamo anche marito o moglie, sul computer. E prenotiamo viaggi, compreso l’ultimo, visto l’aumentare di siti di pompe funebri.

Possiamo non avere contatti diretti col resto dell’umanità. Restare isolati e soli e non morire di fame o di freddo.

E ci annoiamo. Ci annichiliamo di noia. Ci avviliamo di noia. Tanto da cercare – paradosso! – o l’Oltre o il perduto paradiso terrestre. Per cui, o partiamo per le fattorie didattiche per far toccare ai nostri figli una gallina viva, cerchiamo il grano antico, il latte appena munto, le carote biologiche e coltivate in orto, oppure andiamo a stuzzicare la morte con le peggiori sfide che anima viva le abbia mai fatto.

Già! Banale e troppo a portata di mano, una carezza, un bacio, una coccola fra i cuscini del sofà, sotto le coperte del lettone. Adesso usa misurarsi con un’intimità creativa. Roba da film. Se non metti la testa nel sacchetto di plastica prima dell’orgasmo, non ti fai ammanettare per farti inchiavardare, non ti ficchi su per le vertebre un affare finto nelle fattezze, ma vero – fin troppo vero – nelle misure, se non ti droghi prima di calarti le mutande (se mai le porti),  se non ti fai inchiodare le orecchie ad una croce appesa al muro per cercare l’estasi, se non siete almeno in 4 o 5, se non inviti almeno un sieropositivo, sei un coglione. Uno che vuole morire a 90 anni e passa, circondato da una famiglia inutilmente sana e dai pallosissimi Principi morali alla vecchia maniera. Un borghese.

Più o meno quello che ci biascicavano, dopo il tanto celebrato e “liberatorio” ’68, i plotoni di eroinomani appoggiati (quando stavano in piedi) ai muri esterni delle stazioni ferroviarie o dei cessi pubblici, storditi dai fiumi avvelenati che si sparavano in vena. Tu gli passavi davanti, magari immerso nei tuoi progetti di lavoro o sogni di famiglia, e c’era sempre uno sdentato, cagato sotto, che ti larvava un quasi incomprensibile “‘a infelice..” Tu lo guardavi, nella sua somiglianza quasi da sosia di un cesso turco abbandonato, e pensavi “Sarei io l’infelice?”, e tiravi dritto, pietoso, compassionevole.

Ecco, mo’ è uguale. Se dici, scrivi, comunichi che ti sei innamorato, ti fanno vergognare. Ti trattano da deficiente. Se, invece, ti fai vedere col culo di fuori, ricoperto di polvere bianca nelle zone bocca/naso – fosse anche farina doppio zero – pettinato come un istrice davanti a un TIR senza freni, accompagnato a qualche baldracca siliconata, senza passato, senza presente e, soprattutto, senza futuro, se sei intrecciato al finocchietto televisivo di turno, colorato come una girandola di plastica e cinguettante come una voliera di canarini, sulla tua pagina feisbuc appaiono mille “FIGOOOOOO”

E non sono mica dei maiali d’allevamento esotico: sono i nostri vicini di casa. La cassiera del supermercato, il direttore della posta, il fruttivendolo, il prete che celebra nella nostra parrocchia, il vigile urbano, l’erborista…

#unmondoallarovescia

amore-estate

Per questo, e per tanto altro, ho lasciato la grande città e vivo in un piccolo paese. Magari, combatto con la piccola invidia da manuale, ma non devo misurarmi coi draghi se voglio abbracciare un amore. Né devo vergognarmi di voler trombare alla vecchia maniera: porte chiuse, noi due, il mondo fuori.

Fra me e me. Schifato. Ma vivo e innamorato di lui.

 

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