Giovedì 13 ottobre 2016 – Sant’Edoardo – a casa, in Calabria

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Stufi! Siamo stufi, noi Italiani, di questa falsa e smielata fratellanza istituzionale nei confronti dei milioni di invasori senza dio, senza legge, senza rispetto, senza regole, senza punizioni esemplari. Clandestini invasori, occupano le nostre terre senza colpo ferire e ne diventano padroni spavaldi e arroganti col beneplacito della legge. Della nostra Legge. Tentano di farci sentire a disagio a casa nostra, sulle nostre piazze, per le nostre strade, nelle nostre chiese. Perfino nelle corsie dei nostri ospedali, nei viali silenziosi dei nostri cimiteri. Nelle aule scolastiche, negli uffici pubblici. Si appropriano anche dell’aria che respiriamo. Ci fottono le case se, poco poco, partendo per una vacanza o un ricovero in ospedale, non ne muriamo le porte e le finestre. Ci scippano l’assistenza pubblica, gli studi, gli alloggi popolari, il lavoro. Anche la povertà!

Già, la povertà! Un nero, uno zingaro, un siriano, un bengalese, un pakistano dominano i primi posti anche nella piramide della povertà, in Italia. Per cui, se sei senza casa, senza lavoro, senza famiglia, senza speranza, ma italiano, devi andare in fondo alla fila e aspettare che i finti poveri clandestini, furbacchioni e manigoldi, abbiano ricevuto tutto l’aiuto di cui dicono di aver bisogno. A te, al limite, arriverà una pacca sulla spalla, o una foto su un giornale (di Destra).

Stufi, siamo. Stufi! Di questo maltrattamento che riceviamo quotidianamente, se, poco poco, ci azzardiamo a denunciare soprusi o, addirittura, violenze perpetrati da questa marmaglia senza mèta e senza futuro. Vagabondi e scansafatiche, ladri e stupratori, assassini e papponi mantenuti e coccolati in base alle regole di un codice di cui ci sfugge la civiltà. Una vergogna europea, sì, voluta da chissà quale gruppo di potere occulto, ma che sta entrandoci nelle carni, a noi Italiani, come fosse naturale. E naturale non è affatto.

Non è naturale che, dopo secoli di “culo”, di fatiche immani dei nostri antenati, arrivino questi gommoni carichi di nuovi saraceni, finti profughi che tornano per le vacanze nei loro Paesi appena fanno due soldi in casa nostra e a nostro danno, finti bisognosi con smartphone in tasca, ubriachi del sogno italiano rapito con le parabole televisive montate anche sui tetti di banano delle loro capanne di merda di vacca, e ci fottano, arroganti, il presente e il futuro.

Non è naturale che i nostri giovani, professionisti serissimi con tanto di studi alti e preparazione invidiabile, siano costretti ad emigrare in Australia a raccogliere piselli o a Playa del Carmen a fare i camerieri nei villaggi vacanza o a Miami a dar via il culo come le puttane di Salon Kitty, mentre queste stivate di nuovi schiavi vengono scaricate nei nostri porti e insignite della legion d’onore per la traversata del Mediterraneo, garantite di tetto e pasto caldo e anche paghetta.

No, naturale non è, se ad un bracciante della Piana di Gioia Tauro viene preferito un immigrato al quale non si pagano contributi e salario decente. Non ci fossero loro, si lavorerebbe seriamente, legalmente, di più e meglio.

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Lo Stato, però, pur di venire bene in foto, fa finta di non sapere che il suo buonismo sta fortificando le mafie, che di questo schiavismo 2.0 si ingrassano.

L’Italia agonizza e i suoi medici giocano a dadi. Questa è l’immagine, triste e desolante, che si imprime come foto indelebile sulla carta geografica che rappresenta lo Stivale. Perché, mentre questo nostro Paese si scolora, i nostri amministratori ci giocano come posta durante una notte d’azzardo.

E se taceremo, se non urleremo dal nostro letto di morenti, non avremo diritto nemmeno a una mano che ci chiuda gli occhi. L’educazione ed il quieto vivere ci annienteranno. Solamente il politicamente scorretto può, ancora, salvarci. La capacità di ribellarci e non consegnarci alle catene senza tentare una reazione.

Ora. O, forse, mai più.

Fra me e me, mai domo!

 

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